Qatargate, soldi e ricatti sui migranti: il ruolo degli 007 inviati dal Marocco

I servizi italiani partecipano alle indagini. In gioco anche le preziose estrazioni di fosfati nell’area del Sahara occidentale

Qatar, nell'inchiesta c'è anche il Marocco: soldi e ricatti sui migranti. Il ruolo degli 007
Qatar, nell'inchiesta c'è anche il Marocco: soldi e ricatti sui migranti. Il ruolo degli 007
di Valeria Di Corrado
Venerdì 16 Dicembre 2022, 00:13 - Ultimo agg. 07:43
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I migranti (quelli clandestini) come strumento di pressione sull’ Europa, per ottenere in cambio la concessione di un maggiore numero di visti ai cittadini marocchini, e la necessità di Rabat di far riconoscere dalla comunità internazionale il Sahara Occidentale come regione sotto la propria sovranità, per poter continuare a estrarre liberamente i fosfati. Sono questi i dossier che avrebbero portato i servizi segreti del Marocco a corrompere l’ex eurodeputato socialista Antonio Panzeri, arrestato dall’autorità giudiziaria belga una settimana fa con l’accusa di far parte di un’associazione criminale dedita alla corruzione e al riciclaggio, insieme al suo “agente” operativo, Francesco Giorgi, e alla compagna di quest’ultimo, la greca Eva Kaili, ex vicepresidente dell’Eurocamera. 

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IL TESORO DEI FOSFATI


Il Sahara Occidentale è una regione del Nordafrica, ex colonia spagnola, il cui territorio è conteso da decenni tra il Marocco e il Fronte Polisario. Quest’ultimo ne ha dichiarato l’indipendenza, proclamando il 27 febbraio 1976 la Repubblica Democratica Araba dei Sahrawi. La principale risorsa economica di questa regione sono i fosfati, di cui il sottosuolo è ricco. La società statale “Morocco’s Office Chérifien des Phosphates” (OCP) si occupa dell’estrazione e della trasformazione dei fosfati per uso agricolo: un vero e proprio tesoro per Rabat, considerato che vengono impiegati come concime e fertilizzante. L’Arabia Saudita sta al petrolio così come il Marocco sta ai fosfati, che di questo minerale è il secondo produttore mondiale. Tuttavia le Nazioni Unite hanno ribadito in più di un’occasione l’illegalità dello sfruttamento delle risorse naturali del Sahara Occidentale da parte di Rabat. Insomma, la posta in gioco è di quelle che mettono in moto dietro le quinte i pezzi da novanta di uno Stato (compresi i servizi segreti), come sta svelando l’inchiesta belga sul “Qatargate”, che ora sta diventando anche un “Maroccogate”.

Nel 2017 al tavolo della commissione parlamentare mista Ue-Marocco, in qualità di copresidente, sedeva Abderrahim Atmoun, attuale ambasciatore di Rabat a Varsavia, tirato in ballo dai magistrati di Bruxelles per i rapporti con Antonio Panzeri. Altro elemento: a presiedere la commissione parlamentare congiunta Ue-Marocco (che fa parte della delegazione parlamentare dell’Europarlamento nel Maghreb) è stato finora il deputato Andrea Cozzolino: il politico del Pd è estraneo all’indagine, ma il suo assistente è proprio Francesco Giorgi. 


ACCORDO SULLA PESCA


L’intervento politico di Panzeri a favore del Marocco - insieme ad altri 414 eurodeputati - sarebbe legato al voto con cui, nel 2019, il Parlamento europeo approvò un «accordo di pesca» che include esplicitamente anche il Sahara occidentale. Accordo poi annullato nel 2021 dalla Corte di Giustizia europea, proprio perché sancirebbe «il diritto di sfruttamento di uno Stato occupante in un territorio riconosciuto internazionalmente “non autonomo”», senza il consenso della popolazione Sahrawi e del suo legittimo rappresentante politico: il Fronte Polisario. Il Marocco ha chiesto più volte all’Unione Europea di seguire l’esempio dell’Usa e del suo ex presidente Trump che nel 2020 si è detto favorevole a riconoscere l’autonomia del Sahara occidentale all’interno dei confini del regno marocchino. Le aperture ottenute in questi anni sono legate principalmente a pressioni diplomatiche ed economiche, come nel caso della Germania, o a ricatti legati a flussi migratori incontrollati, come nel caso della Spagna. Entrambi questi Paesi recentemente si sono espressi a favore della proposta marocchina. Ma per “blindarsi” il governo di Rabat mira al sostegno di tutta l’Ue: da qui l’attività di lobbying che, secondo i magistrati belgi, è sfociata «in veri e propri atti di corruzione».

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IL TERRORISMO


Sul tema del terrorismo, nel 2019, Panzeri e Atmoun si confrontavano in sede di commissione per i diritti umani. Un rapporto che evidentemente non si è interrotto con la partenza del diplomatico Atmoun verso altri lidi. Ad occuparsi del collegamento locale in Belgio con il fondatore dell’ong “Fight Impunity” sarebbero stati gli uomini della Direction générale des ètudes et de la documentation (Dged), il servizio di intelligence marocchino alle dirette dipendenze di re Muhammad, con un bilancio annuale di un miliardo di dollari solo in chiaro. Il capo della Dged, Yassine Mansouri, è ora sospettato dalla Procura di Bruxelles di aver pensato alle modalità di pagamento per gli arrestati, compresi i contanti emessi in Belgio. La notevole capacità di penetrazione dei servizi di Rabat era già stata dimostrata dagli inquirenti tedeschi sulla strage al mercatino di Natale a Berlino del 2016, in cui morirono 12 persone: sarebbe stato proprio l’agente della Dged, Bilel Ben Ammar, ad aiutare l’attentatore Anis Amri a fuggire fino a Milano, dove fu ucciso in un conflitto a fuoco con la polizia. Non solo, nel marzo 2019 i media spagnoli hanno rivelato che il Marocco era dietro gli attacchi terroristici del 2004 a Madrid in cui rimasero uccise 191 persone e 1.800 ferite. 


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L’indagine “Qatargate” è partita, nel 2021, da aspetti legati alla sicurezza nazionale del Belgio, aprendo una serie di contatti tra gli 007 di vari Paesi, tra i quali anche l’Italia, che ha collaborato alla fase di intelligence con le agenzie Aise e Aisi. Poi la vicenda è stata “declassificata” passando nelle mani della magistratura ordinaria belga, come un fatto di corruzione internazionale.

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