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Qatargate, una rete di francesi e belgi gli altri amici del Marocco

Dal macroniano Pargneaux alla liberale Ries, il giro degli eurodeputati pro-Rabat

Qatargate, una rete di francesi e belgi gli altri amici del Marocco
Qatargate, una rete di francesi e belgi gli altri amici del Marocco
di Francesco Bechis
Articolo riservato agli abbonati
Lunedì 19 Dicembre 2022, 11:00 - Ultimo agg. : 13:05
3 Minuti di Lettura

Think tank, fondazioni, centri culturali finanziati o anche solo promossi dal governo. Lo scandalo-mazzette che ha scosso l'Europarlamento ha squarciato il velo sul network del regno di Mohammed VI a Bruxelles. Da una parte il filo che secondo il giudice istruttore belga Michel Claise unisce i Servizi marocchini all'«organizzazione fraudolenta» di cui era «anima» Antonio Panzeri insieme a Francesco Giorgi e all'ambasciatore marocchino in Polonia, il gigante Abderrahim Atmoun. Dall'altra l'attività di lobbying - legale, sulla carta - del governo di Rabat a due passi dal Parlamento europeo. Due mondi distinti, certo. Anche se il confine in passato si è dimostrato labile. Non è un caso se una delle scintille della maxi-indagine dei Servizi segreti belgi sia stata scoccata da una dritta degli 007 emiratini su un anonimo centro studi del Marocco a Bruxelles frequentato da Atmoun. E sospettato di operare come centrale di spionaggio. 

APPROFONDIMENTI
Qatargate, indagine si allarga ai genitori di Giorgi: nel mirino l'acquisizione di un edificio a Bruxelles
Le rivelazioni dell'ex eurodeputata Ana Gomes: «Panzeri era abile» 
Il dissidente marocchino Mohamed Dihani: «Così Rabat mi chiese di fare la spia in Italia»

Ora che la lente si è stretta sulla rete marocchina nella capitale belga, riaffiorano dubbi e polemiche. Come quelle che hanno travolto nel 2018 una piccola fondazione situata a pochi passi da Place du Luxembourg, la sede dell'Eurocamera. Centocinquanta metri, per l'esattezza. Co-fondata un anno prima dall'ex ministro di Stato marocchino Mohamed Cheikh Biadillah e dall'ex capo della confindustria di Rabat Alaheddine Mezouar, EuroMedA, fondazione dedicata agli studi del Mediterraneo, è stata negli ultimi anni un efficace centro di pressione del Regno nelle istituzioni europee, ha svelato un'inchiesta dell'EU Observer. La missione? «Promuovere uno spazio uniforme tra Europa, Africa e Mediterraneo», recita il sito, dormiente da tempo. Dove è ancora indicato il board. Presidente e fondatore: Gilles Pargneaux, ex eurodeputato francese e prima fila dei socialisti europei. Citato insieme a Panzeri nei «Maroc leaks» - la corrispondenza segreta del governo marocchino messa in rete nei giorni scorsi da un hacker - come uno dei più sinceri «amici del Marocco». Tra gli ex membri del direttivo - oltre a diversi esponenti del governo marocchino, come l'ex ministro degli Esteri Salaheddine Mezouar, la liberale francese Patricia Lalonde ma anche la vicepresidente belga del gruppo Renew Europe all'Europarlamento, Frederique Ries. Una degli eurodeputati che la scorsa settimana, scoppiato il Qatar-gate, ha votato una risoluzione in aula chiedendo di tenere fuori il Marocco dalle accuse. Piccola la fondazione - ospitata negli uffici di Bruxelles della società di lobbying Hill+Knowlton Strategies, che tra i più attivi sostenitori negli scorsi anni ha avuto proprio il governo marocchino, spiega l'EuObserver - grande il clamore suscitato per l'instancabile lavorìo dei suoi vertici durante le trattative per il maxi-accordo commerciale tra Ue e Marocco nel 2018. 

Video

Quando tre membri del board, Pargneux, Ries e Ramona Manescu (ex ministra degli Esteri della Romania), firmarono un emendamento per annacquare una previsione che chiedeva di tracciare i prodotti provenienti dal Sahara Occidentale, regione occupata dal governo marocchino e non riconosciuta dall'Onu, da anni contesa con il Fronte Polisario. Un vero pallino per l'intelligence e la diplomazia di Rabat, attivissima negli anni a reclutare politici europei per screditare il Fronte, a leggere le missive segrete sull' ingaggio di Panzeri pubblicate online. Nel 2018 furono i Verdi, capitanati dal leader Philippe Lamberts, a chiedere all'Europarlamento di verificare se non fosse stato violato il codice di condotta dei deputati europei. E perché la fondazione filo-marocchina non fosse iscritta nel registro belga delle società di lobbying. Richieste rimaste dormienti, come la fondazione da cui in tanti oggi - è il caso di Ries e Pargneaux - prendono le distanze.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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