Russia, export solo in Cina: Pechino tra affari e timori

Russia, export solo in Cina: Pechino tra affari e timori
di Erminia Voccia
Martedì 10 Maggio 2022, 11:00 - Ultimo agg. 16:01
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Balzo in avanti delle importazioni dalla Russia alla Cina. Nel mese di aprile 2022 Pechino ha importato da Mosca il 56,6% in più rispetto all'anno precedente, quasi il doppio rispetto al +26,4% registrato nel mese di marzo, segnale che i rapporti bilaterali tra i due Paesi sono orientati a un aumento degli scambi commerciali, un obiettivo a lungo ricercato da entrambe le parti che la guerra in Ucraina potrebbe aver agevolato. Sono i dati diffusi il 9 maggio dalle Dogane cinesi sull'interscambio commerciale di aprile. Di contro, l'export della Cina verso la Russia ha evidenziato una brusca frenata, ovvero un meno 25,9% ad aprile, un calo maggiore di quello registrato nel mese precedente (vale a dire -7,7%). La Cina ha scelto di restare neutrale rispetto al conflitto in Ucraina e non ha aderito alle sanzioni internazionali imposte alla Russia da parte di Stati Uniti e Unione Europea. Pechino, inoltre, aveva definito illegali e non opportune le sanzioni internazionali verso Mosca.

La Cina non ha condannato ufficialmente l'aggressione di Mosca ai danni dell'Ucraina, anche se ha più volte sottolineato l'urgenza di una soluzione diplomatica.

In più occasioni, Pechino aveva fatto sapere di non aver registrato alcun problema degno di nota negli scambi commerciali, ripetendo che l'interscambio con la Russia procedeva come prima. La Cina dipende dal petrolio russo e da quello che importa dal Medio Oriente, in particolare dall'Arabia Saudita. Mosca costituisce una delle principali fonti di petrolio, gas, carbone e materie prime necessarie all'agricoltura per il vasto mercato cinese. E l'import di petrolio russo dalla Russia alla Cina è aumentato a seguito della guerra e delle sanzioni, anche il petrolio scambiato non in maniera ufficiale. E infatti la Russia potrebbe bilanciare le perdite relative alla vendita di petrolio verso l'Occidente grazie ai mercati asiatici. Stando ad alcune speculazioni, si pensava che sarebbe diminuito il flusso di petrolio che arriva alla Cina dal Medio Oriente perché sostituito da quello russo. Ma un recente incontro tra il principe ereditario saudita e il presidente cinese è servito proprio a ribadire che la partnership sul petrolio resta solida. L'Arabia Saudita ha proposto, inoltre, di accettare pagamenti in valuta cinese. 

Allo stesso tempo, l'acquisto di petrolio iraniano da parte della Cina è diminuito leggermente a causa delle restrizioni Covid, ma è petrolio catalogato ufficialmente come risorsa importata dall'Oman, perché l'intenzione di Pechino è evitare le sanzioni americane a causa degli scambi con l'Iran. Tuttavia, ai cinesi conviene molto di più il petrolio russo, che viene venduto a un prezzo scontato di quasi 35 dollari al barile rispetto al Brent. Non a caso, a gennaio-febbraio, le esportazioni e le importazioni di Pechino verso Mosca sono cresciute, rispettivamente, del 41,5% e del 35,8%, beni che il presidente russo Vladimir Putin ha minacciato di non esportare più ai Paesi definiti «ostili». 

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Tuttavia, alcune aziende cinesi hanno deciso ugualmente di sospendere le attività in Russia e ridotto la presenza nel mercato russo. Tra queste, il leader mondiale dei droni DJI Technology ha annunciato lo stop temporaneo delle attività a Mosca e a Kiev per garantire che i suoi prodotti non vengano impiegati nei combattimenti. Nel completo silenzio, le società tecnologiche cinesi si starebbero astenendo dal fare affari in Russia sotto la pressione delle sanzioni e dei fornitori statunitensi, nonostante le richieste arrivate dal governo di Pechino e rivolte alle aziende di opporre resistenza all'azione coercitiva dell'Occidente. A rivelarlo è il quotidiano economico Wall Street Journal, che cita fonti a conoscenza dei fatti. Per il giornale, senza annunciarlo pubblicamente, diverse grandi aziende cinesi starebbero riducendo le spedizioni in Russia, Paese dove le aziende tecnologiche della Cina dominano il mercato per diversi prodotti. Tra le più rilevanti figurano il gigante dei computer Lenovo e quello degli smartphone Xiaomi

Per citare un esempio calzante, tra febbraio e marzo di quest'anno le esportazioni verso la Russia di computer portatili sono diminuite di più del 40%, mentre quelle di smartphone si sono ridotte di quasi due terzi. Allo stesso tempo, le maggiori aziende americane fornitrici di componenti chip alle imprese cinesi stanno esercitando pressioni per essere certe che i semiconduttori non finiscano tra le terze parti come prodotti esportati in Russia, e dunque in violazione delle sanzioni economiche verso Mosca. Il Wall Street Journal cita il caso di un fornitore che avrebbe inviato, lo scorso marzo, una lettera ai propri clienti proprio per essere sicuro che non ci fossero violazioni. In tutta risposta, Il ministero del Commercio cinese ha chiesto alle imprese di «non sottomettersi alle coercizioni esterne». 

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