Dal Russiagate all’Ucrainagate: ecco perché l’impeachment fa bene a Trump

Dal Russiagate all’Ucrainagate: ecco perché l’impeachment fa bene a Trump
di Luca Marfé
Sabato 28 Settembre 2019, 20:30 - Ultimo agg. 29 Settembre, 11:22
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NEW YORK - Dalla Russia all’Ucraina, sempre con lo stesso obiettivo: demolire Trump.

Cambia dunque la geografia, ma non il registro dei democratici che alla politica continuano a preferire il Congresso, la Corte Suprema e l’impeachment.

Difficile arginare un presidente che ha dalla sua almeno mezza America, una comunicazione arrembante, un’economia che galoppa e una disoccupazione che non esiste neanche più. E allora via alla scorciatoia giudiziaria con un’unica grande certezza: al di là degli eventuali sviluppi dell’inchiesta sulle pressioni esercitate su Kiev, i numeri per inchiodare The Donald non ci sono e non ci saranno. Uno dei passaggi obbligati, infatti, è la maggioranza dei due terzi di un Senato attualmente in mano ai repubblicani che già fanno quadrato attorno alla “loro” Casa Bianca.

E allora perché?

Perché inventare un procedimento là dove non ci sono prove né possibilità di successo?

La risposta è paradossalmente semplice nonché evidente:
perché il vicolo cieco del tribunale può fare comunque comodo al percorso della campagna elettorale.

Prima il Russiagate per giustificare la sconfitta, ora l’Ucrainagate per sognare la vittoria.

Dopo mesi di tentennamenti sul fronte Mosca, la sinistra americana sceglie la sua nuova narrativa del fango da qui al 2020, costringendo Trump nell’angolo di ombre e sospetti che da sempre caratterizzano la sua presidenza, ma contestualmente esponendo se stessa a uno scenario infarcito di rischi.

Su tutti quanti gli altri, quello di dare una tale rilevanza agli affari non chiarissimi del figlio di Joe Biden, da silurare più o meno volontariamente proprio il suo candidato più credibile. Chi di ombre e di sospetti vorrebbe ferire, insomma, di ombre e di sospetti potrebbe perire.

E se Biden non dovesse tagliare il traguardo della candidatura dem, davvero si farebbe una certa fatica a immaginare l’alternativa a Trump.

La percezione di un pubblico ogni giorno un po’ più vasto, poi, è che manchino idee e proposte e che ci si rifugi dunque nell’attacco fine a se stesso. Un attacco già lungo tre anni che di risultati, no, non ne ha prodotti.

In definitiva, proclami a parte, c’è poco da festeggiare.

Se non, forse, tra le mura di una Casa Bianca in cui si respira forte il profumo della riconferma.

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