L'ex militante è stato anche accusato di persecuzione per motivi di genere, una mossa accolta - riferisce The Guardian - come un "passo storico". I presunti reati sono stati commessi durante un periodo di sei mesi quando la città malese di Timbuktu - in Africa - è stata occupata e governata da gruppi islamici radicali nel 2012 e 2013.
Al Hassan per tutta la prima parte dell'udienza, che è stata trasmessa in televisione, ha parlato in arabo.
Ex-Islamist militant in court accused of forcing women into sexual slavery https://t.co/NbzBP3uwum
— The Guardian (@guardian) July 14, 2020
Timbuktu è caduta in una coalizione di ribelli tuareg e fazioni militanti islamiste, tra cui al-Qaida nel Maghreb islamico e un gruppo locale chiamato Ansar Dine, a metà 2012.
I ribelli hanno imposto una versione dura della legge della sharia nelle aree sotto il loro controllo, vietando la musica, costringendo le donne a indossare il burqa, impedendo alle ragazze di frequentare la scuola e demolendo le tombe dei santi. Al Hassan si è unito ad Ansar Dine poco prima dell'occupazione della città e ha guidato una forza di polizia religiosa, affermano i procuratori del tribunale per crimini internazionali.
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Nato in un villaggio a nord di Timbuktu, Al Hassan è anche accusato di aver lavorato a stretto contatto con i tribunali religiosi istituiti dagli occupanti e di aver partecipato alla tortura dei detenuti. Gli estremisti si ritirarono da Timbuktu quando i soldati francesi avanzarono nel gennaio 2013. Al Hassan fuggì dal Mali; secondo i documenti del tribunale, in seguito si riunì ai suoi ex compagni e alla fine fu arrestato dalle truppe francesi dopo una battaglia nel nord del Mali. I difensori di Al-Hassan hanno sostenuto che lui non aveva ruoli di primo piano e dunque il processo davanti alla Corte non è giustificato.