Siria, «Cosa vi aspettate dagli Usa?». E un ragazzino di 15 anni racconta l’inferno di Ghouta

Siria, «Cosa vi aspettate dagli Usa?». E un ragazzino di 15 anni racconta l’inferno di Ghouta
di Luca Marfé
Venerdì 23 Febbraio 2018, 16:52 - Ultimo agg. 24 Febbraio, 08:25
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NEW YORK - «Non so cosa vi aspettiate che facciano gli Stati Uniti». La portavoce del Dipartimento di Stato, il ministero degli Esteri a stelle e strisce, fatica a commentare il dramma della Siria. Le immagini che giungono da Ghouta, periferia orientale di Damasco, sono agghiaccianti e ritraggono, oltre alle bombe e alla carneficina ordinata da Assad, la paralisi della comunità internazionale.

Heather Nauert parla per nome e per conto di Rex Tillerson: «L’amministrazione Trump è pienamente in partita».

Non si espone, invece, riguardo alle Nazioni Unite, su cui sono puntati occhi e riflettori del mondo intero.

«Ci sono una serie di opzioni sul tavolo, alcune già poste in essere, altre possibili. Non sta a me dire che cosa farà l’Onu, non posso certo rappresentare altre agenzie».

E ricalca con orgoglio un po’ confuso: «Ripeto, siamo pienamente in partita».


(Heather Nauert, portavoce del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d'America)

La “partita”, per utilizzare le parole della Nauert, è di quelle terribili. Sette anni di guerra civile, circa trecento morti negli ultimi tre giorni nella sola Ghouta e, soprattutto, il rischio di collisione tra i due giganti: Stati Uniti e Russia.

Al di là della narrativa più o meno fantasiosa sul Russiagate, infatti, la distanza tra Washington e Mosca è tale da fare spavento.

I delegati di Putin continuano ad intralciare qualsiasi iniziativa del Consiglio di Sicurezza grazie al potere di veto e parallelamente sul fronte anti-Assad, con gli statunitensi a fare da capofila, continuano a montare rabbia e frustrazione.

Ultimo capitolo la chiamata per un cessate il fuoco di trenta giorni, sùbito cestinata dalla diplomazia dello “zar”.

«Abbiamo avuto delle conversazioni con il governo russo. Abbiamo implorato i loro vertici di smetterla una volta per tutte di sostenere il regime siriano proprio per via di ciò che sta facendo al suo stesso popolo», ha continuato la Nauert in un momento che ha sfiorato la commozione. «Ma la Russia ci ascolta? Direi proprio di no».

Nel frattempo, lontano dai palazzi del potere e viceversa nel cuore di quello che il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres non ha esitato a definire «l’inferno sulla terra», un ragazzino di 15 anni si è inventato una maniera per resistere.


(Il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres)

Muhammad Najem, questo il suo nome, sta documentando i bombardamenti con dei video selfie che carica con costanza sistematica sulle sue reti sociali. Questo per far sì che le immagini di distruzione e di morte arrivino ad un pubblico sempre più vasto, nella speranza, appunto, che la comunità internazionale possa finalmente tendere una mano a lui e alla sua gente.

«Da grande voglio fare il reporter», scrive in uno dei suoi post.

Reporter, magari non del tutto consapevole, lo è già. E grande, non nella sua accezione anagrafica, lo è, eccome.


(Muhammad Najem, 15 anni, ha lanciato l'hashtag #SaveGhouta. Questo il link al suo profilo Twitter)
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