Caos in Spagna, ora le prostitute chiedono le dimissioni in blocco del governo Sanchez

La portavoce del sindacato delle prostitute Otras, Concha Borrell
La portavoce del sindacato delle prostitute Otras, Concha Borrell
di Paola Del Vecchio
Venerdì 31 Agosto 2018, 17:50 - Ultimo agg. 1 Settembre, 11:37
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MADRID - Le prostitute spagnole sul piede di guerra reclamano le dimissioni in blocco del governo di Pedro Sanchez. Non si placa la polemica sul neonato sindacato delle lucciole iberiche, Otras (Organizacion de Trabajadoras Sexuales), il primo del genere in Spagna, autorizzato e poi sconfessato dall’esecutivo socialista. Le promotrici esigono ora le dimissioni dell’intero Consiglio dei ministri, perché non accettano la messa fuorilegge del sindacato, dopo il via libera alla costituzione ufficiale, pubblicata sul Bollettino dello Stato, e il successivo dietrofront del Psoe. Ieri, la ministra del lavoro, migrazioni e previdenza sociale, Magdalena Valerio, nell’annunciare un’impugnazione dell’atto istitutivo, che lo scorso 31 luglio aveva ricevuto il via libera proprio dal suo ministero, aveva ammesso: «La mia stessa squadra ha fatto autogol. Non avrei mai dato il nulla osta. Non avalleremo un sindacato di un’attività illegale, che viola i diritti delle donne. Non lo farà un governo socialista e femminista». E oggi, al termine del Consiglio dei ministri la portavoce, Isabel Celáa, ha ribadito che l’esecutivo socialista «non accetterà in nessun caso l’esistenza di un sindacato delle lavoratrici del sesso». Per cui, l’Avvocatura dello Stato «sta lavorando su varie ipotesi per annullare la risoluzione pubblicata sul Bollettino dello Stato e sceglierà quella più rapida». 

Ma le prostitute non rinunciano al braccio di ferro. E hanno letto oggi un comunicato a Barcellona, dove ha sede legale Otras, in cui giurano che andranno avanti nella battaglia legale, per ottenere un riconoscimento dei propri diritti lavorativi. «Basta con l’emarginazione di questo collettivo, il più penalizzato socialmente», ha tuonato la portavoce, Concha Borrell. «Esigiamo gli stessi diritti di qualunque altro cittadino spagnolo e vogliamo regolarizzare la nostra attività, per ottenere diritti basici, come quello alla malattia, alla maternità, allo stipendio mensile e alla pensione, per non essere sfruttate», ha reclamato.  La Borrell ha accusato l’esecutivo ”che si dice socialista operaio” di nascondersi «dietro l’intoccabile tela del femminismo bianco, eterosessuale e borghese, che cova un odio viscerale contro le prostitute». E di «connivenza con settori cui interessa che le prostitute non abbiano alcuna copertura legale». 

Va ricordato che in Spagna la prostituzione si trova in una situazione di sostanziale a-legalità, sebbene punita penalmente nei casi di sfruttamento e tratta delle persone. È infatti  esercitata soprattutto nei ‘club de alterne’, i così detti ‘puti-club’, che pullulano in periferia, lungo le autostrade e alla frontiera franco-catalana di La Junquera, la cui attività non solo non è considerata fuorilegge, ma è inserita nel computo globale del Pil nazionale. 
E il dibattito sociale è incandescente fra abolizionisti e fautori di una regolarizzazione, come in Olanda. Tra i primi, la Plataforma por la Abolicion de la Prostitucion, secondo la quale «non è possibile che il lavoro consista nell’essere sfruttati sessualmente»; e l’Asociacion para la prevencion, reinsercion y atencion a la Mujer Prostituida,  che ricorda come siano «le donne in situazione di marginalità a essere sfruttate da madame e prosseneti, vittime della violenza di genere e della riduzione in schiavitù».

Anche per il principale sindacato spagnolo, l'Union General de Trabajadores (Ugt), la prostituzione non è un lavoro e regolarizzarla equivale ad alimentare le reti di trafficanti di esseri umani, in cui cadono minorenni e immigrati.  Intorno all’80% delle donne che la esercitano in Spagna lo fa contro la propria volontà, stando a un rapporto della Fondazione indipendente basca Anesvad. Tuttavia, per il neonato sindacato Otras, «si tratta di donne e uomini lavoratori come tutti gli altri, con l’abissale differenza che i loro diritti lavorativi sono una pura utopia».

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