Strage Barcellona, la mente
​era un confidente degli 007

Strage Barcellona, la mente era un confidente degli 007
di Paola Del Vecchio
Sabato 18 Novembre 2017, 10:38 - Ultimo agg. 19 Novembre, 10:30
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Madrid. L'imam Abdelbaki Es Satty, il cervello degli attentati che il 17 agosto hanno portato il terrore nel cuore di Barcellona e a Cambrils, era un confidente dei servizi segreti spagnoli nel momento in cui la sua cellula jihadista ha messo a segno la mattanza sulle Ramblas. È l'inquietante scenario al quale lavora la sezione istruttoria n. 4 dell'Audiencia Nacional, stralciato in un dossier separato, secretato dal giudice Fernando Andreu. Fonti del CNI, il Centro Nacional di Intelligence, citate dai media iberici, hanno confermato la circostanza.

E pare non fosse il solo jihadista infiltrato negli 007 a fare il doppio gioco. La polizia sospetta che anche Younes Abouyaaqoub, il terrorista di 22 anni alla guida del furgone Fiat lanciato a tutta velocità sulla Rambla, che falciò la vita di 14 persone, fosse un informatore dei Mossos d'Esquadra, la polizia catalana. Alle 3 del pomeriggio di quel drammatico giovedì, due ore prima degli attentati, Abouyaaqoub parlò dal suo cellulare per 4 minuti con un agente, secondo fonti investigative citate da media iberici. La telefonata partì dal centralino di un commissariato dei Mossos nel centro di Barcellona. Ma l'indagine, condotta dal giudice Andreu nel massimo segreto, non avrebbe consentito finora di identificare il funzionario autore della chiamata, perché la centrale telefonica non registra i numeri interni per le telefonate in uscita.

Younes Abouyaaqoub conduceva quel pomeriggio un furgone Fiat Talento che ebbe un guasto sulla circumvallazione di Barcellona. Un imprevisto che lo costrinse a cambiare il mezzo con un altro di quelli affittati dalla cellula jihadista, abbandonato, dopo la strage. Il terrorista scappò a piedi nel vicino mercato della Boqueria, fu ripreso dalle telecamere e, nella fuga, uccise Pau Perez - vittima numero 15 per proseguire sulla sua Ford Focus. E poi finire abbattuto da agenti dei Mossos tre giorni dopo, a Subirats, sulle colline del Pañades.

L'imam Abdelbaki Es Satty non ebbe solo un ruolo chiave nella deriva radicale dei 12 giovani marocchini, in prevalenza residenti a Ripoll, della cellula assassina. Appartenente alla corrente salafita, una delle più violente dell'islam, fu contattato dagli 007 del CNI durante la detenzione, dal 2010 al 2014 nel carcere di Castellon, mentre scontava una condanna a 4 anni per traffico di stupefacenti.

 

Descritto come un tipo solitario, riservato, l'iman di 44 anni risultava già allora al centro di una fitta ragnatela di rapporti che lo collegava ad autori delle stragi dell'11 marzo ad Atocha e, un anno prima, nel 2003, dell'attacco suicida alla base di Nasiryah, in Irak, che provocò 19 morti fra i carabinieri 9 fra i militari iracheni. Ma, nonostante la trama di relazioni pericolose e i continui viaggi compiuti dal gennaio del 2015 in Belgio a Vilvoorde, il vivaio europeo di jihadisti da dove era stato espulso e in Francia, anche alla vigilia del massacro della Rambla, Abdelbaki Es Satty non risultava nel radar dell'antiterrorismo. È morto dilaniato la notte precedente agli attentati nell'esplosione del covo di Alcanar, stipato di Tatp, l'esplosivo noto nella jihad come la madre di satana, destinato, nel piano originale, a far saltare in aria la Sagrada Familia. E si è portato nella tomba la risposta a tanti dubbi inquietanti.
La Cia avvertì la polizia catalana e il CNI del piano del Daesh di attentare sulla Rambla il 25 maggio scorso. La polizia nazionale contattò alti comandi dei Mossos d'Esquadra, ma non furono adottate misure di prevenzione sulla Rambla, né installate barriere anti-tir. Una decisione presa solo ieri, assieme a quella di pedonalizzare l'intera area della Sagrada Familia. Per motivi di sicurezza.
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