Strage di Berlino, nessuno reclama
il corpo di Amri: è ancora in obitorio

Strage di Berlino, nessuno reclama il corpo di Amri: è ancora in obitorio
di Salvatore Garzillo
Lunedì 23 Gennaio 2017, 10:11 - Ultimo agg. 10:12
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Anis Amri scotta anche da morto. Il suo cadavere è ancora in una cella frigorifera dell’obitorio di piazzale Gorini, dove è arrivato il 23 dicembre scorso dopo essere stato ucciso da un poliziotto davanti alla stazione di Sesto San Giovanni. Il corpo del terrorista di Berlino è ancora formalmente a disposizione della procura, non può ricevere alcun nulla osta per il rimpatrio né essere affidato a eventuali parenti interessati a un funerale. Ma il punto è che nessuno, finora, si è fatto avanti.

Sembra che nessuno - neanche i familiari più stretti - voglia il corpo del jihadista tunisino che lo scorso 19 dicembre ha ucciso 12 persone (e ne ha ferite altre 50) travolgendo il mercatino natalizio di Berlino alla guida di un tir. Le vittime sono state commemorate dal Bundestag il 19 gennaio con una cerimonia solenne. Il risultato degli esami tossicologici su Amri - ancora attesi dalla procura - potrebbero svelare se davvero il ragazzo fosse sotto effetto di cocaina ed ecstasy nei giorni della strage e della fuga attraverso l’Europa. È accertato, infatti, che il tunisino si mantenesse spacciando e non può essere escluso che fosse anche un consumatore.

Dalla Germania arriva intanto un’inchiesta che apre uno scenario inedito. Secondo il domenicale Welt am Sonntag il governo italiano avrebbe potuto espellere Amri già nel 2011, ma non lo fece per tentare di infiltrarlo negli ambienti del terrorismo islamico. Il giornale tedesco è considerato una delle pubblicazioni migliori del mondo e ha vinto moltissimi premi giornalistici, ma il capo della polizia, Franco Gabrielli, ha immediatamente smentito la notizia: «È una ricostruzione falsa e totalmente inventata. Fa derivare, in spregio alla più elementare deontologia professionale, accuse infamanti per le quali gli autori dell’articolo saranno chiamati a rendere conto innanzi alle corti di giustizia competenti, nonché, moralmente, alle stesse vittime dell’attentato».
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