Strage al supermercato in Francia, il nuovo flop dei servizi segreti di Parigi

Strage al supermercato in Francia, il nuovo flop dei servizi segreti di Parigi
di Valentino Di Giacomo
Sabato 24 Marzo 2018, 10:43
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Per gli analisti al lavoro sull'attentato di Trèbes non ci sono dubbi che il jihadista, Radouane Lakdim, sia stato ispirato dall'Isis per compiere la sua azione. Un attacco ispirato, non quindi organizzato direttamente dai vertici del Califfato. La modalità dell'attentato è quella tipica di molti altri atti terroristici già avvenuti nei mesi scorsi nella stessa Francia e nel resto d'Europa, appare al momento altamente improbabile che Ladkim possa aver ricevuto direttamente ordini dai capi del sedicente Stato Islamico. Si tratta più probabilmente di un soggetto che pur se già noto alle autorità francesi come a rischio radicalizzazione, è riuscito a indottrinarsi attraverso il web seguendo la solita agghiacciante liturgia dei dettami del Califfato: prima ha rubato un'auto, poi ha sparato a dei poliziotti e infine si è diretto verso il supermercato ripercorrendo le orme di Amedy Koulibaly, l'attentatore che il 9 gennaio del 2015 compì una strage nell'ipermercato Kosher di Parigi.
 
Ora il timore delle intelligence mondiali è che, dopo l'attentato di Trèbes, possa crearsi una sorta di effetto a catena come già accaduto nei mesi scorsi. Da queste azioni da parte dei lupi solitari, l'Isis cerca di trarne vantaggio soprattutto per l'effetto emulativo che un attentato di questo genere può scatenare. Dopo la presa di Raqqa e le sconfitte inflitte in Siria ed Iraq da parte dei soldati occidentali, le azioni terroristiche in Europa erano divenute meno frequenti da parte dei miliziani del Daesh. Per i vertici del Califfato è ora molto più complesso riuscire a pianificare ed organizzare attentati a distanza come è avvenuto negli anni scorsi. Me l'Isis non ha subito colpi solo sui campi di combattimento. Le autorità europee, sia dell'intelligence che di polizia, sono riuscite a bloccare anche migliaia di siti dove i miliziani comunicavano e riuscivano a diffondere la propria propaganda di morte, ma non tutte le comunicazioni dello Stato Islamico è possibile arginare, i miliziani in molti casi sono riusciti comunque ad aggirare blocchi e censure informatiche. Il sistema più utilizzato è sempre l'applicazione di Telegram dove gli jihadisti riescono a comunicare creando gruppi di conversazione momentanei che grazie alla crittografia rendono invisibili i messaggi nell'immediato. Quando poi c'è il rischio di essere intercettati, questi gruppi vengono cancellati dopo poche ore per crearne subito altri e così all'infinito. La propaganda continua così a circolare fino a trovare quei «lupi solitari» come Ladkim che passano dalla radicalizzazione all'azione in poco tempo.

Il 26enne attentatore, di origini marocchine, era comunque schedato e seguito dalla Dgsi, la Direction générale de la Sécurité Intérieure. L'evidenza che l'attentato sia riuscito rende bene l'idea di come tutte le forze di polizia e d'intelligence europee vivano la minaccia dell'Isis come uno stress-test difficile da superare: impossibile monitorare contemporaneamente tutti i soggetti segnalati dall'Antiterrorsimo. La Francia, oltre a circa 5mila persone a rischio radicalizzazione, deve anche fare i conti con i quasi mille foreign fighter partiti dal Paese transalpino per andare a combattere in «Siraq», di questi circa 300 sono già rientrati in patria e necessitano di un monitoraggio costante. Un problema meno avvertito, ad esempio, nel nostro Paese dove i foreign fighter sono poco più di cento. Ma si tratta di un esercito con cui l'intera Europa deve confrontarsi nei prossimi anni perché si tratta di miliziani addestrati che se decidessero di colpire nel vecchio Continente avrebbero le capacità per compiere azioni terroristiche di altissimo impatto. Di qui l'allarme lanciato nei mesi scorsi dal ministro dell'Interno, Marco Minniti, che parlò dei combattenti di ritorno definendoli come «la più grande legione straniera mai vista».

L'allarme più alto nei prossimi mesi, secondo le maggiori intelligence mondiali, è previsto invece per i mondiali di calcio che si terranno in Russia. È in quel contesto che l'Isis cercherà una sorta di vetrina globale per affermare la propria presenza ed esistenza nonostante le sconfitte militari patite in Siria e in Iraq nell'ultimo anno. La strategia è consolidata: per il Califfato un attentato riuscito non serve solo ad uccidere «gli infedeli», ma soprattutto a creare quell'effetto emulativo nei lupi solitari di ogni parte del globo. Anche per questo motivo dopo un singolo attentato eclatante, si innesca una sorta di scia, una catena di azioni terroristiche sul suolo europeo come avvenuto in passato da Londra, a Bruxelles, da Barcellona a Manchester. Eppure, se i mondiali in Russia rappresentano un obiettivo ad altissimo potenziale, nessun luogo può considerarsi al riparo. La minaccia è ovunque come dimostra l'attentato di ieri organizzato con pochissimi mezzi in una piccola cittadina francese. Minacce quasi imprevedibili, anche se per l'ennesima volta le forze di sicurezza francesi hanno dimostrato scarsa preparazione nella prevenzione.
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