Il governo britannico e la Civil Aviation Authority (Caa) si sono attivati per un ponte aereo per rimpatriarli tutti: in totale ci sarebbero circa 600mila clienti del tour operator, di cui 150mila britannici, inclusi 16mila il cui rientro era previsto per oggi. Il ministro dei Trasporti, Grant Shapps, ha detto che sono pronti 45 aerei charter per sostituire la flotta Thomas Cook e la Caa prevede per stasera il rimpatrio d'almeno 14.000 persone. Ad annunciare la richiesta di bancarotta, una nota della stessa società, che sottolineava che «sono cancellati tutti i futuri voli e le future vacanze».
Nonostante le trattative serrate, Thomas Cook non è riuscita a raggiungere un accordo con i creditori e questo ha innescato la richiesta di bancarotta.
Il premier Boris Johnson ha subito assicurato che il governo si sarebbe occupato del rimpatrio dei turisti, ma aggiungendo che un salvataggio da parte dello stato alla Thomas Cook costituirebbe un «rischio» perché altre aziende potrebbero aspettarsi lo stesso trattamento in futuro. Secondo il premier, «bisogna studiare in che modo gli operatori turistici in modo o nell'altro possano proteggersi da simili casi di bancarotta in futuro».
Dal canto suo il gruppo cinese Fosun, che controlla Thomas Cook, si è detto deluso della decisione di procedere alla liquidazione dopo aver proposto un piano da 1,1 miliardi di sterline che prevedeva, fra l'altro, la conversione del debito da 2 miliardi in azioni e il passaggio del controllo delle linea area ai creditori. Un progetto che non si è concretizzato per i timori che la situazione fosse oramai compromessa presso la clientela che ha cancellato in massa le prenotazioni già effettuate.