Tolleranza zero della Cina verso i disertori nordcoreani

Una foto del ponte sul fiume Yalu, tra la città cinese di Dandong e quella di Sinuiju, in Corea del Nord, via Twitter
Una foto del ponte sul fiume Yalu, tra la città cinese di Dandong e quella di Sinuiju, in Corea del Nord, via Twitter
di Erminia Voccia
Martedì 25 Giugno 2019, 15:15 - Ultimo agg. 15:17
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Era riuscita dopo dieci anni ad ascoltare la voce del figlio 22enne dopo che anche lui era scappato in Cina dalla Corea del Nord. «Stai zitto!», ha gridato qualcuno in cinese e poi la telefonata è stata interrotta. La donna tramite dei contatti è poi venuta a sapere che il figlio era stato catturato dalle autorità cinesi, ma poi di lui non si è saputo più nulla.

Si fa più dura la repressione cinese contro i rifugiati nordcoreani, un dramma che riguarda tantissime famiglie divise. Secondo l'organizzazione Now Action and Unity for Human Rights (NAUH), sarebbero tra i 20 e i 30 al mese i cittadini nordcoreani ad essere arrestati dopo aver oltreppassato il confine tra la Cina e la Corea del Nord, riferisce Cnn. Da metà aprile le misure cinesi contro l'afflusso di profughi sono state inasprite, come ha rivelato l'agenzia Reuters che ha denunciato l'arresto di almeno 30 persone, compresa una bambina di 10 anni. Le organizzazioni e le associazioni impegnate ad assistere i migranti nordcoreani hanno lanciato un serio allarme perché molti arresti e catture stanno avvenendo in aree lontane dal confine e addirittura in abitazioni private, luoghi che fino a questo momento erano considerati sicuri e fuori dalla portata dei raid della polizia cinese. Gli arresti ci sono sempre stati ma fino a questo momento avvenivano nella cosiddetta "zona rossa", un'aera a ridosso del confine tra i due Paesi.

Una rete di attivisti, mediatori ed enti benefici si occupa di aiutare le persone che fuggono dalla Corea del Nord a causa della povertà e della fame. Questo network prova a dare ai fuggitivi la prospettiva di una vita migliore organizzando i trasferimenti dalla Cina in altri Paesi, prima di tutto in Corea del Sud, dove i cittadini nordcoreani possono ottenere lo status di rifugiato politico. La rete però sarebbe stata quasi distrutta a causa della repressione della Cina. Pechino considera i nordcoreani migranti economici illegali e vede l'arrivo dei profughi come minaccia alla propria stabilità. Chi viene arrestato in Cina è successivamente deportato in Corea del Nord e a quel punto può essere internato in campi di lavoro forzato dove avvengono trattamenti inumani, torture, stupri ed esecuzioni capitali. Detenzioni motivate da parte di Pyongyang con l'accusa di spionaggio contro i disertori. Il numero delle persone che scappano dalla Corea del Nord è sceso da quando nel 2011 il potere è passato al dittatore Kim Jong un. Nel 2018 quasi 1,137 disertori nordcoreani sono andati al Sud, una cifra di molto inferiore ai 2,706 disertori del 2011. Dal 1998 sarebbero almeno 32 milia quelli fuggiti in Corea del Sud. Il calo sarebbe avvenuto a causa del rafforzamento delle misure di sicurezza e sorveglianza sia dal lato cinese che dal lato coreano del confine, un'area tra le più calde del mondo.


Foto: Reuters

L'inasprimento dei controlli non è una casualità. Il giro di vite cinese è conseguente, tra le altre ragioni, al deteriorarasi delle condizioni di vita e dell'economia in Corea del Nord e coincide con un momento in cui Cina e Corea del Nord si mostrano intenzionate a rafforzare i legami. Questa intenzione è stata dimostrata dal recente viaggio del presidente cinese Xi Jinping a Pyongyang, dove per lui è stata organizzata un'accoglienza trionfale. Ma la ragione potrebbe essere anche ricercata nel fallimento del summit di febbraio in Vietnam fra Trump e Kim. Il summit non è servito, secondo le prospettive nordcoreane, a ridurre in parte l'effetto delle sanzioni che sono un cappio al collo per Pyongyang. 
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