Trenta: «L'Italia sta nella Nato, ma ha ruolo ponte con l'Est»

Trenta: «L'Italia sta nella Nato, ma ha ruolo ponte con l'Est»
di Marco Ventura
Sabato 9 Giugno 2018, 07:55 - Ultimo agg. 22:08
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Le missioni internazionali? «L'Italia onora i suoi impegni, ma andranno valutate sulla base del nostro interesse». La Nato? «È essenziale che Nato ed Europa collaborino. Nell'Alleanza atlantica, nell'Onu e nella Ue ci siamo, ma l'Italia può essere un ponte nelle relazioni verso l'Est». Inclusa la Russia. Nella sua prima intervista da ministro della Difesa, Elisabetta Trenta indica le grandi linee di quello che sarà il suo impegno. Non entra nei dettagli, ma delinea gli obiettivi e precisa la collocazione dell'Italia. È attenta a operare in sintonia con gli altri ministri. Sul tema immigrazione lascia che si pronuncino premier e ministro dell'Interno, e sul budget per la Difesa (gli americani insistono con gli alleati perché sia il 2 per cento del Pil) in primis Palazzo Chigi e ministro dell'Economia. Sul resto il lavoro è appena cominciato con la ministeriale, giovedì e ieri, dei ministri europei della Difesa a Bruxelles, protagonista proprio la Trenta in quello che è stato il primo appuntamento internazionale del nuovo governo.

Ministro, quali impressioni ha tratto dal vertice della Nato rispetto alle priorità che si pone come ministro della Difesa italiano? Quali le priorità del suo mandato?
«È stato un vertice importante, un'occasione anche per svolgere diversi incontri bilaterali con i miei omologhi. Sui tavoli della Nato ho portato un messaggio chiaro: l'Italia c'è, è pronta e vuole fare la sua parte».

Come?
«Concordando linee e strategie con gli alleati in aderenza agli obiettivi della sicurezza collettiva e alle esigenze dei cittadini. Mi faccia ringraziare anche l'ambasciatore Claudio Bisogniero, la rappresentanza italiana della Nato a Bruxelles, e gabinetto e staff del ministero della Difesa per il loro prezioso contributo in questi due giorni». 
In che modo il ribadito impegno nella Nato si sposa con gli sviluppi del progetto di Difesa europea?
«Vede, come Italia riteniamo che un rafforzamento della cooperazione tra Nato e Ue sia essenziale. Non solo la Difesa europea non è in contrasto con il ruolo della Nato, ma ne rinforza il ruolo per la sicurezza e la difesa collettive. Serve un approccio strategico condiviso a tutte le crisi e occorre individuarlo evitando sovrapposizioni o duplicazioni. Insomma le due parti devono parlarsi, devono dialogare e trovare sinergie attraverso l'adozione di procedure comuni. Ne ho parlato a Bruxelles con l'Alto rappresentante Federica Mogherini, con la quale ho pure affrontato il tema della mobilità militare, che prevede il rafforzamento della rete europea di trasporto. Un passaggio che guardiamo con interesse, in particolare per quel che riguarda il corridoio scandinavo-mediterraneo, di cui beneficerebbe anche l'Italia».

Lei ha detto di volere un'Alleanza atlantica che guardi non soltanto a Est, ma cominci guardare pure a Sud. Che cosa significa in concreto?
«Significa lavorare per avere una Nato più versatile e più flessibile. Per questo abbiamo ribadito che l'attenzione dell'Alleanza debba essere rivolta anche al Mediterraneo, attraverso il raggiungimento della piena operatività dell'Hub regionale per il Sud con sede a Napoli, e la conservazione delle prerogative dei Centri di comando in Italia. Nel Mediterraneo coltiviamo importanti interessi geo-strategici. Ed è nel Mediterraneo che occorre cooperare per una maggiore sicurezza collettiva. Solo una Nato in grado di rispondere alle molteplici minacce provenienti da una delle aree di maggiore instabilità del mondo può dirsi al passo coi tempi ed essere percepita come vicina alle preoccupazioni quotidiane delle nostre opinioni pubbliche. Dopo di che noi facciamo la nostra parte, ci sentiamo parte dell'Alleanza e operiamo di concerto con i nostri partner».
Con quale atteggiamento verso gli Stati Uniti?
«Gli USA sono il nostro principale alleato. Allo stesso tempo, credo però che la necessità italiana sia quella di mantenere il dialogo con tutti, preservando un'interlocuzione anche a Est. Dobbiamo essere un ponte nelle relazioni, abbiamo le competenze e le qualità per farlo». 
Alla fine di luglio il Parlamento dovrà pronunciarsi sul rinnovo delle nostre missioni all'estero. Prevede un ridimensionamento di quelle più lontane, per esempio in Afghanistan, e una maggiore concentrazione su Mediterraneo e Nord Africa?
«A Bruxelles ho ribadito che l'Italia è un Paese che onora sempre gli impegni presi. Le nostre Forze armate all'estero e il nostro personale civile stanno compiendo un lavoro eccezionale, siamo stimati da tutti e dobbiamo andarne fieri. Certo, ogni cornice andrà poi valutata con attenzione anche in base ai nostri interessi». 
Quale posto avrà nella sua strategia e come pensa di portare avanti la lotta al terrorismo?
«La lotta al terrorismo è una priorità, l'ho ribadito durante la riunione della coalizione anti-Isis a margine della ministeriale. Servono meccanismi di deterrenza e prevenzione ed è necessario sorreggere e aiutare le istituzioni dei Paesi dove il link jihadista è diffuso. Ne va della sicurezza dei nostri cittadini e dell'Europa stessa, che in questi ultimi anni è stata bersaglio di terribili attacchi».
Quale ascolto darà come ministro alle rivendicazioni sindacali del personale delle Forze Armate?
«La tutela del personale militare è un tema che richiede una risposta concreta ed efficace. C'è stata una sentenza della Consulta che ha tracciato una strada ben precisa, ed è quella che intraprenderemo.

Ho inoltre intenzione di incontrare presto le rappresentanze per recepire le loro necessità e aprire un tavolo di confronto proficuo e produttivo. Finora il corpo non è stato mai ascoltato. Ci sono doveri, ma anche diritti. Non dimentichiamocelo».

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