Trump ha giocato d’azzardo. Ma ha perso.
Smaltita la sbornia dell’indecenza delle immagini che hanno umiliato la sacralità del tempio della democrazia americana, a freddo, l’intento appare di colpo chiaro: far sfilare il suo popolo per le strade di Washington e fin dentro alle mura del Congresso. Se grazie a una mano leggera di forze dell’ordine tenute al guinzaglio o se addirittura con manifesta complicità del presidente, poco importa. I disordini della capitale federale avrebbero potuto rappresentare, in assenza di prove concrete di brogli, una sorta di prova tangibile del tipo: «Vedete? L’America sta dalla mia parte e non lascerà passare Biden».
Il suo ultimo azzardo, appunto.
Ma la tensione è schizzata troppo in alto, tant’è che lui e il suo staff si sono affrettati a correre ai ripari con un video, in cui, cambio repentino di copione, The Donald all’improvviso invitava tutti a tornare a casa, più in generale a una pace necessaria.
“Legge e ordine” no, “legge e ordine” di nuovo sì, dunque.
Ed è quando ci scappa il morto che l’azzardo è perso, che passa definitivamente dalla parte del torto e basta.
Per quanto il trumpismo e i suoi 74 milioni di voti non muoia né scompaiano, Trump ne esce “esteticamente” distrutto.
E a prescindere dalle grida di impeachment o di 25esimo Emendamento, c’è una sola cosa che il presidente possa fare adesso per rimanere in qualche modo degno di essere chiamato “presidente” in ogni futuro e su ogni pagina di Storia del passato: l’ultima via, dimettersi.
Anzi, in realtà le cose da fare sono due: dimettersi e scusarsi.