Trump, dopo la marcia, lo sciopero: le donne americane incroceranno le braccia per un giorno

Trump, dopo la marcia, lo sciopero: le donne americane incroceranno le braccia per un giorno
di Anna Guaita
Martedì 7 Febbraio 2017, 18:51 - Ultimo agg. 9 Febbraio, 08:19
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NEW YORK – Le donne americane si preparano a incrociare le braccia. Dopo aver sfilato nella marcia del 21 gennaio a Washington, gli organizzatori della protesta annunciano di essere pronti al prossimo “importante passo”. E propongono uno sciopero generale in rosa, in tutti gli Stati Uniti. Nella loro pagina FaceBook e nei loro tweet si parla di “Un giorno senza donne”.

La data non è stata ancora annunciata. Ma è chiaro che gli organizzatori hanno preso ad esempio lo sciopero nazionale femminile che si tenne in Islanda nel 1975, quando il 90 per cento della popolazione femminile aderì alla protesta. Quello sciopero fu uno shock per la nazione: negozi, uffici, banche, scuole dovettero restare chiusi e migliaia di uomini dovettero portare i propri bambini al lavoro con sé. La protesta cambiò il Paese, e aprì la porta a un’epoca di crescente eguaglianza per le donne, e anche alla presidenza di Vigdís Finnbogadóttir, prima donna presidente di un paese europeo.
 

 

Gli organizzatori della marcia di Washington sono stati i primi a rimanere impressionati dalla dimensione della protesta – si calcola ci siano state circa 500 mila persone solo nella capitale – e dalla solidarietà espressa da manifestazioni contemporanee sia negli Usa che nel resto del mondo. Almeno 700 sono state le proteste di solidarietà, e si calcola che nel mondo siano sfilate circa 5 milioni di persone.

Da allora il movimento ha continuato a essere attivo con i cosiddetti “huddles”, piccole riunioni di attiviste che cercano di ideare iniziative pacifiche per “un mondo più libero, più giusto e più sicuro”. Se ne sono tenute già oltre 3 mila.

L’idea di uno sciopero delle donne non è certo una novità: se ne parlava già nel quinto secolo prima di Cristo, nella Lisistrata, la commedia di Aristofane. In quel caso si trattava di uno sciopero pacifista, in cui le donne rifiutavano di fare sesso con i mariti, e alla fine ottenevano la pace fra Atene e Sparta.

Nel caso della protesta femminile in fase di preparazione negli Usa, è chiaro che si vuole dare la misura della forza delle donne nella società Usa. In questo senso si tratterebbe però di una scommessa pericolosa: lo sciopero nazionale infatti non fa parte del dna americano. Le leggi che regolamentano il diritto di sciopero, che risalgono al secondo dopoguerra, vietano esplicitamente quello che noi europei prendiamo per scontato: il Taft-Harley Act del 1947 esclude il diritto di indire scioperi di solidarietà, di protesta, ecc. Lo sciopero può essere indetto da una categoria precisa e per motivi contrattuali.

E infatti la storia recente ci dimostra che altre simili iniziative nazionali hanno fatto un buco nell’acqua: nel 2006 la “giornata senza immigrati”, che doveva dimostrare come il Paese non poteva funzionare se per un giorno tutti gli immigrati avessero scioperato, è stato un fallimento.
Anche in quel caso, gli organizzatori si erano sentiti ringalluzziti dal successo delle proteste nei mesi precedenti. La protesta era reale, profonda e molto sentita. E tuttavia lo sciopero generale non funzionò, e anzi ebbe l’effetto di raffreddare gli entusiasmi.

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