Ucraina, Massolo e la guerra di Putin: «La tregua è molto lontana, la Russia punterà verso Nord»

Ucraina, Massolo e la guerra di Putin: «La tregua è molto lontana, la Russia punterà verso Nord»
di Gigi Di Fiore
Sabato 23 Aprile 2022, 08:00 - Ultimo agg. 24 Aprile, 08:16
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Diplomatico di carriera, ambasciatore, Giampiero Massolo è il presidente dell'Istituto per gli studi di politica internazionale e docente alla Luiss.

Presidente Massolo, perché l'acciaieria resta l'unico luogo di Mariupol che i russi non riescono a conquistare?
«La città di Mariupol purtroppo non esiste più. È stata rasa completamente al suolo. I russi hanno conquistato ormai un ammasso di macerie, ma ne resta esclusa l'acciaieria perché è un luogo assai difficile da prendere».

I russi vogliono lasciarla in piedi perché sarebbe antieconomico distruggerla, quando rappresenta una fonte di ricchezza rilevante per tutta la zona?
«Più che per una valutazione di carattere economico, direi che l'acciaieria è difficile da conquistare per la sua conformazione che è costituita da un complesso reticolo di cunicoli e gallerie.

Dal punto di vista militare, una piena conquista comporterebbe uno sforzo bellico non da poco, con una serie di svantaggi».

Di che tipo?
«Prendere tutta l'acciaieria avrebbe un costo anche di vite umane che non si giustifica, con una Mariupol diventata un mucchio di macerie. Poi, l'ulteriore sforzo sull'acciaieria costringerebbe l'esercito russo a concentrare ancora truppe attorno alla zona e a Mariupol, mentre invece il loro interesse è liberare più forze da mandare verso il nord dell'Ucraina».

Quali sono gli obiettivi militari della Russia, giunti a questa fase della guerra?
«Uno degli obiettivi di questo momento resta senza dubbio assediare le forze militari ucraine nel sud-est del Paese, dove da tempo si sono concentrate in gran numero per arginare l'offensiva dei separatisti del Donbass. Per questo motivo, ai russi servono più truppe possibili da mandare contro l'alto numero di militari ucraini al nord, liberandole dal Donbass per farle confluire e concentrare nelle regioni settentrionali dell'Ucraina».

È un obiettivo che l'esercito russo sta perseguendo in maniera razionale?
«La strategia militare seguita è quella dei bombardamenti a tappeto, anche se comporta un gran numero di vittime civili. D'altro canto, uno dei traguardi che Putin voleva raggiungere era unire la Crimea al Donbass ed è stato ottenuto radendo al suolo Mariupol. Questa è la situazione attuale sul campo, che spiega anche perché la rinuncia all'assalto finale all'acciaieria abbia ragioni pratiche e di estremo pragmatismo militare ed economico».

Davvero Putin era convinto di affrontare una guerra lampo da sbrigare in pochi giorni?
«Così sembra. Ma, al di là della sottovalutazione delle forze e della resistenza ucraina, va detto che anche in questa guerra i russi hanno dimostrato di non possedere il cosiddetto puntamento fine. La guerra intelligente con strumenti sofisticati non appartiene all'esercito russo, legato ancora a una campagna bellica massiva, costituita da attacchi indiscriminati che coinvolgono vittime civili e bombardamenti a tappeto che restano la loro cifra distintiva».

L'aver distrutto così tante strutture in territorio ucraino non si rivelerà anti-economico per la Russia che, dopo la conquista del Donbass, dovrà poi ricostruirlo?
«La ricchezza del Donbass è nelle materie prime, le miniere. Lo sfruttamento minerario non incontrerà difficoltà, anche in un panorama circostante di macerie diffuse. Da questo punto di vista, si tratta di una zona dallo sfruttamento minerario molto ambito. Un'area molto ricca, che rappresenta da questo punto di vista una conquista economica non da poco per la Russia».

Anche se dall'inizio dell'invasione russa in Ucraina è stato sempre difficile fare previsioni sugli sviluppi della guerra, che scenario vede nell'immediato?
«In questo momento, la premessa per arrivare a un'intesa sarebbe il cessate il fuoco come dice il nostro presidente del Consiglio, ma non lo vedo per ora possibile. Resta la data simbolica del 9 maggio individuata come possibile fine della guerra per decisione di Putin».

Una data simbolica, perché legata alla fine della seconda guerra mondiale e alla vittoria dei russi sui tedeschi?
«Non solo per questo, è stata una data di cui hanno parlato alcuni ufficiali russi in conversazioni intercettate. Non si sa se per incoraggiare il morale delle truppe, o per altro. D'altro canto, le forze ucraine ritengono valga la pena continuare a contrastare l'avanzamento russo in qualsiasi direzione, con l'ausilio delle armi occidentali. E questo rende necessario ai russi liberare truppe in Donbass da spostare al nord».

Prevede ancora lontana una soluzione che porti alla fine della guerra in Ucraina?
«Purtroppo sì. Allo stato attuale, ci vorrà ancora molto tempo e la cosa triste è che questo prolungarsi della guerra continuerà a provocare una tragedia umanitaria nel cuore dell'Europa. Dopo la conquista russa del Donbass e di Mariupol, bisognerà capire se il successivo obiettivo di Putin è falcidiare ulteriormente le forze ucraine, attaccandole dove hanno la maggiore concentrazione, al solo scopo di renderle meno pericolose e inoffensive rispetto a un possibile contrattacco al sud». 

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