Ucraina, razzi, cadaveri e checkpoint: ecco la strada della morte di Kharkiv

Ucraina, razzi, cadaveri e checkpoint: ecco la strada della morte di Kharkiv
di Davide Arcuri
Mercoledì 30 Marzo 2022, 09:00 - Ultimo agg. 12:31
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Il cadavere di un uomo giace da giorni sul ciglio della superstrada della morte. A cinquanta metri di distanza un altro corpo di un civile senza vita: giustiziato con un proiettile alla tempia. Siamo a sud est di Kharkiv, a pochi chilometri dai confini della città, sulla superstrada che collega Kharkiv a Lugansk, nel Donbass. L'esercito russo assedia la città con un attacco a tenaglia, la frontline si estende dal lato nord fino a sud est. Il nostro viaggio inizia sulla prima linea di difesa della città, a due chilometri dal fronte est, in un avamposto militare dell'esercito ucraino. «Pochi minuti fa abbiamo sventato la minaccia in un attacco aereo - ci spiega il sergente Ihor Filimor - Un elicottero russo ha provato ad avvicinarsi, siamo riusciti a farlo retrocedere grazie alla contraerei». 

I tuoni dei bombardamenti sono quasi senza sosta: nelle ultime 24 ore su Kharkiv si sono abbattuti oltre 300 attacchi aerei. Proviamo ad avvicinarci alla linea di fuoco, verso il villaggio di Zernove, un chilometro fuori città. Una signora sembra quasi attenderci all'ingresso del centro abitato, è giustamente spaesata: sotto casa sua è parcheggiato un possente carro armato ucraino. Dopo pochi minuti di calma apparente il sergente Filimor lancia l'ordine categorico: «Salite in macchina, ora». Due carri armati russi si stanno avvicinando, l'area non è più sicura, stanno per iniziare i combattimenti. Ci spostiamo a Obriy, nella periferia est di Kharkiv.

Dei cinque blocchi di palazzi che compongono questo quartiere è rimasto solo lo scheletro. Le carcasse delle auto fatte a pezzi si mescolano con le macerie dei palazzi colpiti dai missili russi. Verrebbe da pensare ad un ammasso di cemento abbandonato, invece molte persone abitano ancora qui, sottoterra.

 

Incontriamo Anatolyi, un signore di mezza età che decide di mostrarci le cantine del suo palazzo trasformate in rifugio antiaereo: «Viviamo qui in 15 persone». Tende e coperte dividono gli spazi per le singole famiglie: un materasso, una stufetta e qualche scorta di cibo e acqua. «Siamo in trappola da un mese - racconta Anatolyi - Quando la situazione fuori è più tranquilla usciamo a cercare provviste e a prendere un po' d'aria, abbiamo paura di ammalarci qua sotto». Proseguiamo verso sud est, dopo una serie di check-point inizia la famigerata superstrada E40. I crateri delle cannonate si intervallano ogni cento metri con carcasse di mezzi civili e militari completamente distrutti. Ad un certo punto ci fermiamo, vediamo un portavalori dilaniato da un colpo di mortaio con il tettuccio divelto. A pochi metri uno dall'altro i cadaveri dei due conducenti, probabilmente sopravvissuti all'attacco e poi giustiziati a sangue freddo. 

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Continuiamo a spostarci a piedi facendo attenzione alle trappole: i russi prima di retrocedere hanno piazzato dei fili trasparenti lungo la strada in grado di attivare le mine antiuomo. Riusciamo a proseguire fino a pochi chilometri dalla città di Rohan, un'autocisterna blocca il passaggio. Un militare ucraino ci mostra il carro armato con la famosa Z, simbolo delle operazioni russe sul versante est, appena conquistato dopo un combattimento. Il gruppo di soldati è intento a smontare e cercare attrezzature all'interno del cingolato. Poco più avanti, in un canale di scolo a lato della strada, un altro cadavere: «Era un soldato russo venuto qui per uccidere i civili, ha fatto la fine che meritava» afferma il generale Marcel mentre è intento a identificare la salma. Il 34esimo giorno di guerra non è ancora finito quando all'orizzonte una cortina di fumo nero e denso si innalza sopra Kharkiv: è il segnale che questo conflitto non è risolto, che i russi non stanno mollando e che la pace è ancora un miraggio.

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