Ucraina, l'avanzata russa si ferma: la guerra entra nella fase due. Cos'è lo scenario coreano

Ucraina, l'avanzata russa si ferma: la guerra entra nella fase due
Ucraina, l'avanzata russa si ferma: la guerra entra nella fase due
Domenica 27 Marzo 2022, 16:04 - Ultimo agg. 21:14
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Giorno di guerra numero 32, la Russia continua ad attaccare l’Ucraina anche utilizzando, secondo la denuncia del ministro dell’Interno, bombe a grappolo sulla regione di Donetsk, vietate dalle convenzioni internazionali. Ma da Kherson arriva la notizia dell’uccisione di un altro generale russo e la resistenza dei civili fa muro contro i russi, mentre in tutto il Paese l’esercito prosegue nella controffensiva tanto che, stando ai media locali, le truppe di Kiev hanno recuperato terreno nella zona di Zaporizhzhia e Sumy. Tanti segnali che mostrerebbero come lo scenario stia cambiando: l’avanzata russa si sta bloccando su più fronti e gli ucraini stanno riconquistando il terreno. «Le forze russe non continuano l’avanzata verso Kiev e si trovano ora in posizione difensiva», ha riferito durante un briefing un alto ufficiale del Pentagono.

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IL BLITZ FALLITO

L’esercito russo sembra infatti sostanzialmente fermo, anche se i bombardamenti proseguono e la situazione in varie città è sempre più critica, soprattutto in quelle assediate come Mariupol. Kirill Budanov, capo del reparto di intelligence del ministero della Difesa ucraina, ha detto che la strategia di Mosca a questo punto della guerra potrebbe essere quella di creare uno «scenario coreano», con la divisione dell’Ucraina in una parte meridionale occupata dalle forze russe e una settentrionale libera. Questo, riflette Budanov, renderebbe sarebbe evidente il fallimento dell’iniziale strategia russa di conquistare l’intera Ucraina. Nelle intenzioni del Cremlino avrebbe dovuto essere una guerra lampo, ora pare che l’unica possibilità di successo sia impossessarsi solo delle regioni meridionali.

La teoria di Budanov è peraltro simile alle ipotesi di molti analisti internazionali, alla luce del rallentamento dell’avanzata russa nel centro e nel nord dell’Ucraina. L’annuncio di Mosca del resto lo conferma: «Le forze armate russe ora si concentreranno sulla completa liberazione del Donbass».

Dopo oltre un mese di guerra e scarsi progressi sul terreno, questa dichiarazione prefigura un cambio significativo della strategia di Vladimir Putin per uscire dal pantano ucraino. Fallito il piano iniziale di un blitz per rovesciare il governo di Kiev, nell’ultima dichiarazione del ministero della Difesa russo si legge il ridimensionamento degli obiettivi degli occupanti, che può essere funzionale a ridurre i tempi delle operazioni militari. Lo zar starebbe pensando al 9 maggio, per proclamare la missione compiuta nel giorno delle celebrazioni della liberazione dai nazisti. Cancellerie e analisti occidentali da giorni rilevano come l’avanzata russa sia in stallo nella maggior parte dei fronti, soprattutto nel nord-est e a Kiev.

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Per Mosca invece tutto sta procedendo come da programma, ma in controluce si intravvede il cambio di prospettiva. Nel consueto incontro il generale Sergey Rudskoy, dello stato maggiore russo, ha annunciato che i principali obiettivi della prima fase dell’operazione in Ucraina «sono stati completati». Con l’annientamento, ha aggiunto, di gran parte dell’aviazione e della marina ucraina. Grazie a tali «successi», ha spiegato l’alto ufficiale, la Russia ora concentrerà il suo principale sforzo bellico sulla «completa liberazione» del Donbass, dove l’Armata combatte al fianco delle milizie separatiste, con i russi già in controllo del «93% della regione di Lugansk e del 54%» di quella di Donetsk». L’annuncio di Mosca è stato accompagnato dalla precisazione che «il piano iniziale non era quello di assaltare le città ucraine, per evitare la loro distruzione e ridurre al minimo le nostre perdite e quelle dei civili». E quindi gli attacchi contro le altre regioni del Paese si sono resi necessari per impedire l’invio dei rinforzi al Donbass. Non una campagna di occupazione quindi, sostiene il Cremlino, ma la difesa di un popolo vittima di «genocidio» che ha chiesto aiuto alla madre Russia: ossia il ritorno alla retorica iniziale adottata da Putin per giustificare l’attacco all’Ucraina.

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LA GRANDE PARATA

Il passaggio dei russi alla cosiddetta fase due della guerra viene interpretato in occidente come un’ammissione da parte di Mosca di non poter proseguire le operazioni su più fronti contemporaneamente. E non è irrealistico pensare che Putin a questo punto miri a una vittoria più semplice anche per frenare il crescente malcontento interno, in un Paese sempre più isolato a livello internazionale e soffocato dalle sanzioni. Accontentarsi del Donbass sarebbe un modo per far tornare il prima possibile le truppe a casa e forse non è una coincidenza che la Difesa russa abbia comunicato per la seconda volta dall’inizio della guerra le perdite russe: oltre 1.300 secondo Mosca, più di 15.000 per la Nato. Inoltre vanno segnalati i report dell’esercito ucraino secondo cui i soldati russi starebbero ricevendo dai loro superiori l’indicazione che la guerra debba finire entro il 9 maggio. Data in cui a Mosca si celebra la giornata della vittoria sulla Germania nazista durante la Seconda guerra mondiale.

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Una grande parata per le strade della capitale, per Putin, potrebbe essere il migliore palcoscenico per rivendicare il successo in Ucraina. Di certo, a questo punto, la Russia non ha intenzione di accettare un cessate il fuoco e questo è uno dei principali ostacoli al negoziato con Kiev. Per Mosca tutti i «nodi politici» restano e serve un’intesa complessiva, che comprenda la neutralità dell’Ucraina, le sue garanzie di sicurezza ma anche la smilitarizzazione e la «denazificazione», oltre al riconoscimento della Crimea e del Donbass. Kiev invece insiste per una tregua e sulla propria integrità territoriale.

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