Ucraina, l'ex ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci: «Mai aperte trattative serie, manca un mediatore forte»

Ucraina, l'ex ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci: «Mai aperte trattative serie, manca un mediatore forte»
di Gigi Di Fiore
Venerdì 22 Aprile 2022, 11:00 - Ultimo agg. 23 Aprile, 12:01
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Diplomatico di carriera per 41 anni, già rappresentante permanente dell'Italia all'Unione europea e direttore generale per l'integrazione europea al ministero degli Esteri, Ferdinando Nelli Feroci è il presidente dell'Istituto Affari internazionali, nonchè docente alla School of Government della Luiss. In precedenza ha prestato servizio a New York alle Nazioni unite ed è stato anche commissario europeo con la presidenza di Manuel Barroso.

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Presidente Nelli Feroci, perché non si riesce ad avviare serie trattative diplomatiche per arrivare alla pace in Ucraina?
«Ci sono molte difficoltà e, purtroppo, finora di trattative serie non se ne sono avute.

Qualche settimana fa, in due-tre occasioni si sono incontrate le delegazioni russa e ucraina, ma con scarsi risultati. Appare evidente che qualsiasi tentativo di confronto sia condizionato, come sempre, da quanto accade sul campo militare».

Può aver inciso l'assenza di un mediatore autorevole e credibile che promuova una trattativa tra Russia e Ucraina?
«La Turchia ha provato a proporsi come mediatrice nella trattativa, ma senza successo. Ora si parla anche di un confronto online, ma la realtà non cambia se le discussioni avvengono a distanza o dal vivo. La vera difficoltà è che qualsiasi tentativo di mediazione in questo momento urta con le scelte del presidente Putin».

È Putin ad avere in mano i fili di un avvio di discussione?
«Sicuramente. Se Putin non decide quale debba essere il suo ultimo obiettivo in questo conflitto, fin dove vuole spingersi, appare difficile trovare una soluzione. E mi sembra che finora le dichiarazioni delle due parti esprimano posizioni assai distanti tra loro, con la Russia che attacca e l'Ucraina che cerca di difendersi da un'aggressione».

Crede che Putin non abbia ancora le idee chiare sugli obiettivi ultimi da dare all'invasione in Ucraina?
«Dall'inizio dell'invasione, Putin ha progressivamente modificato i suoi piani. Ha dovuto cambiare strategia sull'attacco militare a Kiev, dove credeva di poter condurre una guerra lampo. Non si aspettava una resistenza così tenace dell'esercito e del popolo ucraino. Ha dovuto prendere atto che la guerra non potrà risolversi in poco tempo, facendo i conti anche con un alto numero di perdite militari per lui inaspettato».

Quale pensa sia invece l'obiettivo minimo di Putin?
«Conquistare e tenere il Donbas e il corridoio di collegamento con la Crimea. Bisognerà vedere se considererà questo il suo traguardo finale, o solo l'inizio».

L'Europa è assente dalle iniziative diplomatiche in questa guerra?
«Non credo si possa definire assente l'Europa. Non è usuale una compattezza di visione e decisioni come quella dimostrata in questa occasione dall'Unione europea. Sono stati approvati cinque pacchetti di sanzioni e un sesto è in arrivo. È stato creato un fondo di un miliardo e mezzo di euro per la fornitura di armi all'Ucraina e anche questo è un fatto nuovo. Senza contare, poi, il piano di accoglienza per quattro milioni di profughi dall'Ucraina. Insomma, su queste scelte l'Europa è stata presente raggiungendo l'accordo di tutti gli Stati membri».

Pensa che questa intesa unanime possa durare?
«Dipenderà molto dalla durata del conflitto in Ucraina. Ci sono almeno due temi delicati e divisivi. In primo luogo, l'inclusione o meno, nel pacchetto sanzioni, della fornitura di gas dalla Russia su cui la Germania ha già espresso riserve. Poi, quale tipologia di armi poter fornire all'Ucraina. Su questi due temi, alla lunga, potrebbero nascere le prime divisioni nell'Unione europea».

Gli Stati Uniti hanno interesse a un conflitto di lunga durata?
«A leggere le dichiarazioni del presidente Biden, gli Stati Uniti sembrano promettere sempre più armi sofisticate all'Ucraina. E questo fa ritenere che gli Stati Uniti abbiano interesse a una resistenza a oltranza dell'Ucraina. L'Europa, più colpita economicamente dal conflitto in corso, potrebbe avere interessi diversi e spingere per una soluzione che interrompa la guerra».

Perché le Nazioni unite, organismo internazionale che dovrebbe intervenire per interrompere conflitti in corso, non hanno preso iniziative?
«È il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite l'organismo che avrebbe potere di intervento, in questo caso. Ma è bloccato da un vizio d'origine: nel Consiglio di sicurezza le cinque nazioni vincitrici della seconda guerra mondiale hanno potere di veto sull'avvio di qualsiasi discussione. Una delle cinque nazioni è la Russia e si spiega così perché le Nazioni unite non siano intervenute su quanto accade in Ucraina».

Che prospettive vede nella guerra in Ucraina?
«Purtroppo, e spero di essere smentito, credo si vada verso un altro conflitto congelato, come è già stato in Georgia nel 2008. Sui territori occupati, la Russia potrebbe creare delle repubbliche satelliti, alimentando conflittualità in quelle aree. È il risultato della disgregazione dell'Unione sovietica dopo la guerra fredda, in una realtà nuova non accettata e mal gestita da molti dirigenti russi. Anche la Moldavia, per fare un altro esempio, ha un territorio con una repubblica satellite della Russia».

Si inserisce in questa incapacità a gestire la nuova realtà del dopo guerra fredda anche l'accusa di Putin alla Nato di aver allargato la sua sfera d'influenza?
«Sì, sono dichiarazioni collegate, effetti dei conflitti congelati, che riguardano molte parti di quella che era la grande Russia».

La famosa data del 9 maggio può essere davvero quella scelta da Putin per mettere fine alla guerra?
«Non posseggo dati per affermarlo con certezza. Dipende molto dalla capacità di resistenza degli ucraini e, naturalmente, dalle scelte strategiche di Putin». 

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