«Fino ad ora sono stato ottimista perché un'eventuale operazione in grande stile avrebbe conseguenze pesanti per la Russia. Considero Putin un personaggio estremamente razionale, anche se non condivido le sue idee, credo sia consapevole che sia in grado di poter vincere la battaglia in Ucraina, ma non la guerra. Adesso però, con queste schermaglie ulteriori, sono preoccupato che un conflitto possa davvero verificarsi». Il generale Vincenzo Camporini, ex Capo di Stato Maggiore della Difesa e dell'Aeronautica Militare, oggi consigliere scientifico dell'Istituto Affari Internazionali, confida ancora in una soluzione diplomatica ma assiste con preoccupazione ai movimenti sul confine russo-ucraino.
Se la situazione precipitasse che tipo di conflitto dobbiamo aspettarci?
«Le possibilità sono aperte a 360 gradi.
Converrebbe a Putin attaccare?
«Semplice per lui compiere una guerra, pur con costi elevatissimi sia in termini di vite umane che economici. Molto difficile sarà per Putin gestire poi l'eventuale e inevitabile processo di pace. Per questo resto ancora moderatamente fiducioso che tutto possa risolversi».
In che modo?
«In questi anni non sono stati mai attuati gli accordi di Minsk del 2014 e si è dato spunto a questi gruppi indipendentisti di prendere in mano i fucili che, ad oggi, hanno già fatto 14mila morti. L'ipotesi possibile è riprendere il dossier degli accordi Minsk e questa potrebbe essere una via d'uscita autorevole che consentirebbe a Putin di dire di non aver perso la faccia e, al contempo, evitare conseguenze politiche per la Nato».
Il presidente Zielensky ha chiesto a Draghi di intercedere con Putin per favorire un incontro tra Kiev e Mosca. Ci sono margini?
«Di sicuro è una buona notizia che si chieda ad un presidente italiano di mediare tra i due Paesi in conflitto».
Nel mezzo - mentre Nato e Russia si affrontano e rischiano di portare la guerra in Europa - c'è una Ue impotente nonostante i cocci resterebbero nel nostro continente. Siamo un vaso di terracotta?
«Sono un europeista convinto, ma com'è possibile che fino ad ora non si è riusciti a definire un quadro solido di interessi comuni da difendere a prescindere se l'interessato sia la Polonia o l'Italia? Purtroppo la politica estera è gestita in modo intergovernativo, ciò vuol dire che ci deve essere piena unanimità per prendere una qualsiasi decisione. Abbiamo creato una macchina che non può funzionare. Se non si fa questo passo avanti non è colpa genericamente della Ue, ma ciò compete ai singoli governi dell'Unione Europea che non sono in grado di eliminare questi assurdi veti incrociati».