Ucraina, la prof italiana in fuga da Kharkiv: «Ho lasciato bombe e disperazione»

Ucraina, la prof italiana in fuga da Kharkiv: «Ho lasciato bombe e disperazione»
di Gigi Di Fiore
Lunedì 7 Marzo 2022, 07:00 - Ultimo agg. 8 Marzo, 10:33
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Da cinque anni, era docente di Filologia romanza e traduzione all'Università nazionale di Kharkiv, dove ha una casa che ha dovuto abbandonare. Simona Mercantini è tornata in Italia, suo Paese d'origine, dopo un avventuroso viaggio iniziato sette giorni fa in fuga dalla guerra. Da Budapest, in aereo è arrivata a Torino.

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Professoressa Mercantini, come e quando è iniziato il suo viaggio di ritorno in Italia da Kharkiv?
«Sono partita il giorno prima che la situazione anche a Kharkiv diventasse difficile.

Era il 28 febbraio, lunedì scorso. Mi sono unita alle migliaia di persone evacuate e in fuga verso l'Europa occidentale. Insieme con due mie studentesse, abbiamo intrapreso un viaggio di 52 ore per riuscire ad arrivare a Budapest».

Come siete arrivate a Budapest?
«In treno, naturalmente non c'erano biglietti. Erano in prevalenza viaggi alla cieca, cercando su Internet o da passa parola notizie sui treni disponibili, sulle loro destinazioni. Salita sul treno, il viaggio si è svolto naturalmente in condizioni difficile e precarie. La tensione, per arrivare al confine, è stata davvero alta».

Quando è partita, come era la situazione a Kharkiv?
«Si sentivano già le bombe, si avvertiva l'avvicinamento della guerra. La scelta della fuga è comune a migliaia di ucraini».

Quale è stata la prima tappa del viaggio?
«Leopoli, poi un'altra città fino al confine dove ho trovato i miei familiari venuti in auto e il mio compagno arrivato da Palermo in aereo. Chiunque arriva al confine, è subito preso dalla ricerca di informazioni per aiutare amici che cercano di sapere come devono fare per lasciare l'Ucraina».

Immaginava, a Karchiv, che la situazione sarebbe diventata così drammatica?
«Credo che pochi si aspettavano il peggio, ci dicevano che non sarebbe convenuto a nessuno. Poi senti le bombe sotto casa e devi prendere coscienza che la realtà è diversa, che la guerra è arrivata in casa. E le continue esplosioni te lo ricordano».

Cosa sapevate di quello che accadeva?
«Solo notizie confuse. Devo dire che i media hanno alimentato molta ansia e disorientamento, con notizie non verificate su attacchi, esplosioni e altre cose. Qualcuno ha cercato la notizia a sensazione, senza capire che la guerra sta coinvolgendo persone che vivono un dramma e sono assalite dall'ansia».

È in contatto con i suoi amici rimasti a Karchiv?
«Sì, sento anche i miei vicini. Io ho casa in un palazzo, mi dicono che è ancora in piedi. Ho lasciato tutto lì, sono partita solo con uno zainetto. Ma va bene così, dopo tante ore di viaggio. In questa esperienza ho trovato tanta solidarietà e aiuto dagli ucraini. Un popolo ammirevole. Ci hanno scortato, fornito indicazioni, dandoci anche consigli. Gente che è rimasta sotto le bombe si faceva in quattro per aiutarci a partire in condizioni di massima sicurezza possibile».

Ha incrociato tante storie diverse, in questi giorni?
«Sì. Una mia amica ha un figlio, che all'ufficio militare ha saputo di dover andare in guerra. Nonostante questa preoccupazione, anche lei ha fatto di tutto per aiutarmi a partire. A Leopoli, dove non si può immaginare la marea di gente in attesa per ore con un freddo terribile, ho aspettato un treno per cinque ore. Una donna con due bambini piccoli mi faceva coraggio. Ho pensato alla situazione capovolta, con quella donna che avrebbe avuto bisogno di parole di incoraggiamento e invece era lei a dirle a me».

Che idea si è fatta della situazione in Ucraina e di questo conflitto?
«Quando ero in Italia, non comprendevo le dinamiche della politica italiana. Figurarsi se mi azzardo a interpretare o comprendere quali sono le dinamiche politiche in Ucraina. Sono situazioni complesse, con interessi non sempre afferrabili. Le mie analisi sarebbero inadeguate a spiegarle».

Cosa spera, ora?
«Al momento, spero che tutti quelli che cercano di uscire dall'Ucraina ce la facciano. Sto cercando notizie per aiutare una mia amica a percorrere il mio stesso viaggio per arrivare al confine. Altre previsioni non è possibile farne, nessuna ipotesi si può riferire a una realtà che ogni giorno si dimostra irrazionale e sconosciuta».

Dove andrà, in Italia?
«Resterò come prima tappa a Torino, dove abitano i miei genitori. Poi andrò a Palermo, dove vive il mio compagno. Aspetterò». 

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