«Danzare insieme ai russi? Non è il momento, ha ragione il mio console»

«Danzare insieme ai russi? Non è il momento, ha ragione il mio console»
di Giovanni Chianelli
Giovedì 7 Aprile 2022, 07:12 - Ultimo agg. 16:48
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Non si è ancora placato il clamore del galà del San Carlo di lunedì scorso, l’ormai celebre «Stand with Ukraine - Ballet for peace» che era stato contestato dal console ucraino a Napoli Maksym Kovalenko per la presenza di ballerini russi sul palco del Massimo, che a giorni arriva un nuovo corpo di danza in città dal Paese in guerra. Il 25 aprile è il teatro Bellini a ospitare, facendosi carico di ogni spesa e devolvendo l’incasso agli artisti, la compagnia di balletto classico dell’Ucraina, una formazione nazionale sostenuta dal governo di Zelensky. Natalia Iordanov, direttore artistico del «Kiev city ballet», commenta la vicenda del San Carlo: «Sono d’accordo col console, non è il momento di danzare insieme».

I 50 ballerini erano in tournée in Europa, e a metà marzo sarebbero dovuti tornare in patria ma ora, per via della guerra, sono costretti a prolungare il tour per autosostenersi: con una circolare hanno chiesto a vari teatri italiani di poter esibirsi finché non potranno tornare in Ucraina.

All’appello ha risposto il Bellini che ha messo a disposizione teatro e personale per lo spettacolo. «La data, il giorno della Liberazione, non è casuale» dice Daniele Russo, tra i proprietari del teatro. Metteranno in scena «Il lago dei cigni» di Pëtr Il’ič Čajkovskij, nel ruolo di Odette/Odile c’è Olga Golitsya, in quello del principe Siegfried Iurii Kekalo.

Iordanov, avete trovato presto ospitalità dai teatri italiani.
«Un’accoglienza commovente. In questi giorni giriamo al Nord tra Ferrara, Como, Rovigo, Firenze e Trieste, tutti ci stanno accogliendo sobbarcandosi le spese di allestimento e gli alloggi. Una fattoria del grossetano ci ospita per ben sette giorni, gli italiani sono davvero unici; tra noi c’è anche un ballerino siciliano dato che diversi uomini, tra artisti e tecnici, non si sono potuti muovere dal Paese perché arruolati. Poi il 25 saremo a Napoli, dopo siamo aperti a nuove date».

Che sensazione si prova a danzare mentre nel vostro Paese c’è una guerra?
«Siamo spaesati e terrorizzati. Per diverse persone è la seconda guerra: dopo quella del 2014 nel Donetsk speravano che fosse finita, ora devono ricominciare daccapo. Poi abbiamo tutti parenti e figli in patria, ogni giorno il problema è comunicare con loro. La nostra etoile, Olga Golitsya, ha un figlio di 11 anni. Fortunatamente è riuscita a farlo arrivare in Germania. Ma per tutti sono ore drammatiche, ci resta solo la voglia di continuare a fare il nostro lavoro. E non solo per mantenerci».

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Per quali altri motivi danzate?
«Perché danzare è dire a tutto il mondo che noi siamo un popolo pacifico che sta subendo un’invasione terribile. Un’ingiustizia insopportabile. E quindi perché l’arte sia ambasciatrice di pace».

Avete scelto “Il lago dei cigni”, la celebre opera di un altrettanto celebre autore russo, Čajkovskij.
«L’abbiamo fatto per un motivo preciso: giorni fa un corpo di ballo del Donetsk si è esibito in Russia e alla fine del “Lago dei cigni” i danzatori hanno composto una figurazione che a noi risulta sinistra, una scritta che riportava WZ, ovvero il logo del loro attacco dato che “za”, in russo, sta per vittoria. Lo abbiamo trovato un’assoluta mancanza di rispetto, Čajkovskij non c’entra niente con la guerra, quando ha composto le sue opere non pensava a Putin... noi rispondiamo dicendo che la grande arte non appartiene solo ai russi ma è del mondo intero, e alla fine dell’esibizione non aggiungeremo alcuna scritta se non la nostra bandiera e quella della pace».

Giorni fa il console ucraino a Napoli Maksym Kovalenko ha chiesto che fosse fermato un evento del San Carlo in cui si sarebbero esibiti insieme ballerini russi e ucraini.
«Penso di capirlo. Avrei chiesto lo stesso, e soprattutto in seguito alla brutta storia del WZ. Dopo aver visto quella foto anche tra noi, che siamo artisti, si è diffuso un sentimento di disgusto per chi usa l’arte per la propaganda. E non è giusto stare sul palco con chi ci ha invaso».

Eppure l’esibizione era fatta da diversi artisti russi che hanno deciso di contestare Putin. Tra questi Olga Smirnova che ha addirittura lasciato il Bolshoi in polemica col premier.
«Apprezzo molto ciò che ha fatto Olga. È stata coraggiosa perché adesso, sicuramente, non potrà più tornare nel suo Paese. Mi dispiace che debba provare sulla sua pelle ciò che stiamo vivendo noi, la durezza di questi giorni, l’impossibilità di rimpatriare».

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