Usa 2020, la Georgia torna al voto: i democratici possono conquistare il Senato

Usa 2020, la Georgia torna al voto: i democratici possono conquistare il Senato
di Luca Marfé
Martedì 10 Novembre 2020, 08:00
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La sfida nella sfida. Non solo il presidente, infatti, ma anche il Senato. Che si rinnova per un terzo e la cui maggioranza è decisiva persino per chi viene universalmente etichettato come «l'uomo più potente del mondo».

I repubblicani erano avanti e in qualche modo lo sono ancora. Il quadro è questo: due senatori per ogni Stato, con il partito dell'elefantino che alla vigilia del voto guidava la camera alta del Congresso 53 a 47. Uno squilibrio in parte compensato dai democratici, ma non vinto. Missione compiuta sul fronte delle riconferme nonché in Arizona e Colorado, ma fallita in Maine, Iowa e, proprio in queste ore, anche in North Carolina con il sessantenne di Jacksonville Thom Tillis. 49 a 48, dunque. Ma quasi 50, con l'Alaska che a breve dovrebbe sommarsi alla conta rossa. 

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Il vero nodo cruciale, però, è la Georgia. E per scioglierlo ci vorranno due mesi. Somma di una doppia coincidenza. In primis, perché al crocevia del rinnovo c'erano entrambi i seggi, uno per scadenza naturale e l'altro reso vacante dalle dimissioni di Johnny Isakson (affetto da Parkinson e vittima di una rovinosa caduta nel luglio scorso, ha rinunciato al suo mandato a dicembre). In secondo luogo, perché qui le regole sono diverse e non basta la maggioranza relativa, ma serve invece quella assoluta. E, non avendo nessuno dei candidati superato la fatidica soglia del 50% dei voti più uno, si va allora a un duplice ballottaggio: David Perdue e Kelly Loeffler per il Grand Old Party contro Jon Ossoff e il reverendo Raphael Warnock per i democratici.

Lo Stato del sud-est che diventa così, di colpo, centrale e addirittura epicentro della battaglia politica americana.

Una partita in bilico nonostante la recente vittoria di Joe Biden che qui ce l'ha fatta, per un soffio e a sorpresa, nei confronti di un elettorato tradizionalmente di destra. Ed è proprio attorno alla (ex?) roccaforte repubblicana che si sviluppano le due narrazioni opposte. La posta in gioco non potrebbe essere più alta: da un lato, la necessità di arginare il partito dell'asinello che già vanta la Camera e che ha appena rimesso le mani sulla Casa Bianca. Dall'altro, la consapevolezza di poter sfruttare il crollo di Trump per assestare il doppio colpo del 50 pari che, attenzione, farebbe pendere l'ago della bilancia a sinistra grazie al voto che, come previsto dalla Costituzione, spetta altresì al(la) vicepresidente degli Stati Uniti.

Un groviglio di percentuali e di volti che si risolverebbe, così, nel nome di Kamala Harris. Senza contare che nell'ambito di una vasta sfera di provvedimenti centristi, i dem potrebbero aspettarsi una mano tesa dai rivali meno radicali, risparmiando in questo modo l'etichetta di anatra zoppa al loro presidente. Tutto molto difficile ed effettivamente tutto legato anche alla complicata relazione tra il tycoon e il partito repubblicano. 

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Quanto, infatti, i suoi (le virgolette sono d'obbligo) saranno disposti a seguirlo lungo il sentiero delle azioni legali e quanto invece non lo lasceranno andare e quindi cadere? È questa la domanda da porsi perché dell'eventuale tirare troppo la corda delle istituzioni potrebbero pagarne caro lo scotto. Dissociandosi da una guerra che appare comunque persa in partenza, invece, vanterebbero una credibilità più solida e soprattutto sganciata dal profilo del The Donald sconfitto.

A margine della contesa tanto serrata e degli scenari ancora possibili, un record degno di nota, che riguarda le donne. Lo realizzano sorprendentemente proprio i repubblicani, piazzando ben 13 caselle rosa e surclassando così il dato delle elezioni di midterm del 2018.

Indipendentemente da come vada a finire, gli spazi di manovra saranno stretti e l'agenda dei prossimi quattro anni sarà costretta in un perimetro ben preciso: lontano da quei meccanismi di assistenzialismo che il nuovo presidente potrebbe avere in mente (per la pandemia di coronavirus, ma anche per il lavoro e per la sanità in generale), per non parlare di quei dossier ancora più scomodi, quale ad esempio il Cambiamento Climatico. Là dove, cioè, la destra non tenderà nessuna mano e girerà invece quasi fiera la faccia dall'altra parte.

Unico miracolo possibile, tornando alla Georgia sul ciglio della Storia, quello appena riuscito in termini di partecipazione, di vera e propria corsa al voto: Biden e i suoi dovrebbero riuscire nel replicare lo straordinario successo di affluenza. Allora sì, potrebbero vincere per davvero. Conquistare, finalmente, la maggioranza anche al Senato. Risicata, ma pur sempre maggioranza. 

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