Usa 2020, viaggio nell'America delle armi facili: «Se qualcuno si avvicina al mio giardino gli sparo»

Usa 2020, viaggio nell'America delle armi facili: «Se qualcuno si avvicina al mio giardino gli sparo»
di Luca Marfé
Lunedì 4 Novembre 2019, 20:30 - Ultimo agg. 20:33
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WEBSTER, NEW HAMPSHIRE - Una questione vecchia tanto quanto è vecchia la costituzione degli Stati Uniti: quella delle armi.

Una piaga, secondo una metà del Paese. Una necessità, invece, secondo l’altra metà.

E così, mentre infuria già la corsa per la Casa Bianca 2020, e mentre qualche candidato democratico minaccia di voler ripulire le case degli americani da pistole, fucili e mitragliatori, c’è chi quelle stesse case e quelle stesse cause sente di doverle tutelare ad ogni costo.

Il tutto, in nome del secondo emendamento. Del diritto, cioè, di possedere per l’appunto armi da fuoco.
 


«Il diritto di uccidere», grida rabbioso, esausto ed esasperato il partito democratico.
«Il diritto di difendersi», risponde netto, irremovibile e testardo il partito repubblicano.

Uno scontro che si ripete a ogni tornata elettorale o, peggio ancora, a ogni strage.

Un muro contro muro che specie qui, nelle geografie più lontane dalle grandi ed evolute metropoli, si risolve in una prevalenza addirittura schiacciante delle ragioni della destra.
Ragioni non condivisibili, magari. Ma, a una lettura più attenta del fenomeno, in qualche modo comprensibili.

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Webster, ad esempio, è una cittadina del New Hampshire che conta, da una parte, poco più di diecimila abitanti e, dall’altra, due poliziotti. Due di numero, su un territorio di case sparpagliate, spesso isolate tra boschi fitti e telefoni muti, prive pure del segnale gsm.

«Se qualcuno si avvicina al mio giardino o pensa di poter fare del male alla mia famiglia, cosa credi che faccia, chiamare forse la polizia che nella migliore delle ipotesi magari arriva dopo mezz’ora? Io gli sparo».

Così, facile facile nella sua logica, l’italoamericano Samuel Presutti che apre le porte della sua casa per affrontare un argomento spinoso attorno al quale lui, personalmente, di spine non ne vede affatto.



«Qui non siamo a New York o a Miami dove c’è un agente ogni dieci metri, senza contare l’esercito dell’ombra che si muove in borghese», sorride sicuro di sé, facendo espressamente riferimento a quei servizi segreti sguinzagliati un po’ ovunque attorno ai cosiddetti luoghi sensibili.

«Qui siamo in the middle of nowhere» - alla lettera “nel bel mezzo del nulla” - «e le chiacchiere dei democratici o di Beto O’Rourke stanno a zero».



Beto che soltanto poche settimane fa si era espresso così in merito alla storia infinita fatta di America e armi: «Hell yes!» - “Diavolo sì!” - «Se diventerò presidente, ci riprenderemo i vostri AK-47!».

Lo stesso Beto che, neanche a farlo apposta, mentre questo pezzo va in stampa, si ritira dalla corsa 2020.

Una candidatura più di facciata che non di sostanza la sua, che, nonostante la freschezza data dalle proposte e dalla giovane età (47 anni sono niente per chi aspira alla Casa Bianca), era già stata azzoppata in partenza dalla sconfitta incassata in occasione delle ultime elezioni di midterm. Ironia amara della sorte, proprio nel suo Texas. Tra tutti i 50 Stati, in assoluto quello più allergico all’idea di certe restrizioni.
 
 

«Sai perché “Scooter” non si riprenderà mai il mio AK-47?»

È Sam a riprendere la parola di colpo, utilizzando un nomignolo da commediante con cui i conservatori pungolano O’Rourke da sempre.

Un istante e si risponde da solo: «Perché ho un AK-47».

Scoppia in una risata fragorosa e appoggia sul tavolo di fronte a sé un Kalashnikov che, pesante, circondato di proiettili grossi come le dita di una mano e visto così da vicino, mette davvero paura.


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