Il conto alla rovescia degli Stati Uniti, il mondo dopo Donald Trump.
Si chiude una delle ere politiche più incredibili della Storia, se ne apre un’altra a firma Joe Biden. Opposta, prima ancora di cominciare, già piena di inversioni a U. Zeppa di ferite e di domande, per cui servono urgenti bende e risposte.
Dal sogno di quel “Prima l’America”, rovinato da un impeachment, dal Covid e da un secondo impeachment, al sogno che era stato invece di Obama e che ritorna, adesso, nelle mani del suo successore.
L’inizio è complesso: il 20 gennaio, a Washington e ovunque sul territorio a stelle e strisce, si preannuncia il delirio. Di proteste, di scontri, quasi di un crepaccio tra due nazioni diverse.
La più dura delle premesse, insomma. In una capitale e in una cerimonia vuota, si ricomincia dalla paura.
Eppure la speranza, vero dna di questa terra.
In primis, la speranza di ricompattarsi, di “guarire”, come ama dire Biden. Grazie a un piano di aiuti da 1900 miliardi di dollari, ma anche e soprattutto grazie ad un atteggiamento nuovo, gentile, di unità da contrapporre alla divisione.
In secondo luogo, la speranza di ricucire una relazione con l’Europa che definire lacerata è dire poco. Con la Germania in particolare, ma anche con tutti quanti gli altri. Con l’Italia, ancor più nello specifico, che deve un po’ decidere cosa fare da grande perché dall’altro lato c’è la Cina.
E con la Cina, appunto. Che certo di speranza non ne lascia molta. Non di cambiamento, sempre più determinata nel realizzare il suo progetto imperiale, a tratti addirittura coloniale (in Africa, ad esempio). Forte di una leadership incontrastata, in chiave interna ma pure internazionale, considerata la potenza di fuoco di un’economia senza eguali né rivali.
Eccola, dunque, la domanda delle domande: Biden e Xi, amici o nemici?
Il conto alla rovescia è già iniziato, l’era Trump è già finita.
Il 20 gennaio non cambia soltanto l’America. Ma cambia il mondo intero.