Usa, Blinken avverte la Cina: «È una sfida diversa dalle altre»

Usa, Blinken avverte la Cina: «È una sfida diversa dalle altre»
di Erminia Voccia
Mercoledì 3 Marzo 2021, 21:30 - Ultimo agg. 21:49
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«La Cina è l'unico Paese al mondo a godere di un potere economico, diplomatico, militare e tecnologico tale da mettere seriamente in discussione la stabilità e l'apertura dell'attuale sistema internazionale». Antony Blinken, Segretario di Stato Usa, ha spiegato così, nel corso di un intervento al Dipartimento di Stato, il primo vero discorso da capo della diplomazia statunitense, perché la sfida posta dalla Repubblica Popolare è tanto diversa da tutte le altre. Blinken ha enumerato le priorità che guideranno l'azione dell'Amministrazione Biden in politica estera. La parola d'ordine sarà: diplomazia.

La Corea del Nord, l'Iran e la Russia, sono i Paesi che pongono seri rischi agli Usa, Paesi con cui Washington sarà chiamata a confrontarsi, e lo farà privilegiando la linea del dialogo.

Ma sarà la Cina il centro dell'azione globale e geopolitica degli Stati Uniti per i prossimi anni. Praticamente su ogni fronte, dall'esigenza di vincere la sfida in ambito tecnologico ai cambiamenti climatici, gli Stati Uniti avranno di fronte la Cina, ha spiegato ancora il Segretario di Stato. «La nostra relazione con Pechino sarà competitiva quando dovrà esserlo, collaborativa quando sarà possibile. Tratteremo la Cina da avversaria quando dovremo farlo, ma tratteremo da una posizione di forza. La Cina è il maggior test geopolitico del XXI secolo». 

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Nel discorso di Blinken emergono in modo chiaro e netto le differenze di approccio con l'ex amministrazione Trump, un abbandono totale della strategia dell’America First, già ampiamente annunciato dall'elezione di Biden a Capo della Casa Bianca. Blinken ha parlato dell'importanza di combattere il surriscaldamento globale, del bisogno di impegnarsi di nuovo per il rafforzamento delle istituzioni internazionali, come le Nazioni Unite, messe in crisi di recente anche da Donald Trump, come della necessità di riportare in auge il multilateralismo. L'imperativo, ha detto ancora il Segretario di Stato, è trovare un modo per mettere fine alla pandemia da nuovo coronavirus, investire nel rafforzamento del sistema finanziario internazionale e nella sicurezza globale, cooperare in concerto con gli alleati, combattere la corruzione e favorire il rispetto dei diritti umani.

«Non promuoveremo la democrazia attraverso interventi militari onerosi o tentando di rovesciare regimi autoritari attraverso l'uso della forza», ha dichiarato. «La diplomazia, non l'azione militare, verrà sempre per prima. Abbiamo visto in passato come questo genere di interventi abbia avuto un costo molto alto, sia per gli Stati Uniti che per gli altri Paesi», ha aggiunto. Parole che promettono una certa consapevolezza da parte dell'attuale Amministrazione nel condurre o impegnarsi in conflitti lunghi e dall'esito complesso, come quello che ha portato tanti soldati americani a morire in Afghanistan, o in interventi militari che hanno generato situazioni di caos, come in Libia. Questo significa che con l'Iran gli Stati Uniti vogliono impegnarsi nel dialogo, permettendo il ritorno di Washington nel Jcpoa, l’accordo sul nucleare da cui gli Usa sono usciti nel 2018. E questo è l'obiettivo anche del regime iraniano, ancora scosso dall'umiliazione indimenticabile dell'assassinio del generale Soleimani avvenuto per mano americana a gennaio 2020. Con Teheran c'è spazio per il negoziato, nonostante il rifiuto dell'Iran all'invito a partecipare a un incontro con gli Usa sul futuro del Jcpoa rivolto dall'Unione Europea. Con gli alleati asiatici, invece, negli ultimi anni gli Stati Uniti si sono concentrati solo sull'esigenza di ridurre le spese per la sicurezza sostenute da Washington a favore di Tokyo e Seoul. Al Giappone e alla Corea del Sud Blinken sembra voler dire: «Siamo tornati, fidatevi di nuovo di noi».

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