Usa-Cina, la guerra dei dazi si sposta a Taiwan: braccio di ferro sulla piccola isola

Usa-Cina, la guerra dei dazi si sposta a Taiwan: braccio di ferro sulla piccola isola
di Erminia Voccia
Sabato 21 Luglio 2018, 12:40 - Ultimo agg. 23:42
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Trump ha minacciato ulteriori dazi su 500 miliardi di importazioni cinesi alzando il livello dello scontro sul commercio con Pechino. La Repubblica Popolare vorrebbe un accordo con gli Stati Uniti ma si rifiuta di cambiare le norme sul trasferimento di proprietà intellettuale e sui sovvenzionamenti al settore dell'alta tecnologia. Mentre nessuno dei due attori fa un passo indietro, le frizioni si concentrano in particolare sulla piccola isola di Taiwan, diventata oggetto dei tiri incrociati di Usa e Cina.

Negli ultimi giorni la tensione nell'area è aumentata a causa delle esercitazioni militari disposte da Pechino in uno specchio d'acqua del Mar Cinese orientale pari alle dimensioni di Taiwan. Per il quotidiano Global Times, che esprime la linea del Partito Comunista Cinese, la zona potrebbe essere il campo di battaglia nel caso scoppiassero le ostilità tra Cina e Taiwan, formalmente indipendente dal 1949, quando le truppe nazionaliste si ritirano sull'isola a causa dell'avanzata dei comunisti guidati da Mao Zedong. Le esercitazioni possono essere intese come un doppio avvertimento: da un lato i cinesi vogliono dimostrare alle forze separatiste taiwanesi la loro intenzione di riprendersi l'isola, dall'altro sono un monito agli Stati Uniti che stanno provocando i cinesi giocando “la carta di Taiwan” nella disputa sui dazi.

Le esercitazioni non sono una novità, ma questa volta Pechino vuole mandare un forte messaggio di deterrenza a Taipei. La Repubblica Popolare Cinese, inoltre, intende rispondere con fermezza alle iniziative americane nell'isola, che negli ultimi tempi non hanno fatto che aumentare. Il 7 luglio due cacciatorpediniere americani, USS Mustin e USS Benfold, hanno attraversato lo stretto di Formosa. L'ultimo passaggio di navi da guerra americane era avvenuto a luglio dell'anno scorso quando a solcare le acque dello stesso braccio di mare era stata la USS John S. McCain. Il passaggio delle due imbarcazioni è stato confermato anche da un ufficiale della Marina americana che però ha definito l'operazione una routine. Secondo Washington, le navi si trovavano in acque internazionali per cui il governo di Pechino non è giustificato ad allarmarsi.



Le recenti fibrillazioni sono dovute al cambio di rotta degli Stati Uniti che dall'arrivo di Trump alla Casa Bianca stanno dimostrando di voler ripensare il principio dell' “unica Cina” su cui erano state ristabilite le relazioni con la Repubblica Popolare a partire dal 1979. Pechino considera Taiwan una provincia ribelle che deve essere annessa al resto della Cina continentale. Per questo motivo la Repubblica Popolare sta cercando di cancellare Taiwan isolandola sia diplomaticamente che politicamente. Il presidente cinese Xi Jinping sta “comprando” letteralmente i pochi Paesi che riconoscono l'indipendenza di Taipei attraverso la promessa di grandi benefici economici dovuti agli investimenti delle Nuove Vie della Seta, il vasto progetto infrastrutturale che faciliterà gli scambi tra la Cina e il resto dell'Asia, con l'Africa e con l'Europa. Pechino, inoltre, sta facendo pressioni su grandi aziende e compagnie aeree perché non indichino Taiwan come un Stato a sé, promettendo loro severe contromisure. La Cina, infine, dipende dai microprocessori prodotti a Taiwan, non avendo ancora raggiunto un livello di progresso tecnologico tale da poterne fare a meno.

L'amministrazione Usa sta sviluppando legami sempre più stretti con Taiwan, legami che hanno come effetto quello di irritare i cinesi. Trump è stato il primo presidente eletto ad aver accettato una telefonata di congratulazioni da un presidente di Taiwan. Da quella famosa chiacchierata con Tsai Ing-wen l'ex tycoon si è mostrato sempre più ambiguo sulla questione taiwanese. Gli Usa continuano a vendere armi a Taipei e con il Taiwan Relations Act hanno garantito ai taiwanesi un cospicuo aiuto alla loro difesa. Il governo democratico di Taipei sa però di essere strumentalizzato da Trump che potrebbe lasciarlo da solo se si dovessero creare i presupposti di un rapporto più vantaggioso con la Cina.



Per Pechino l'atteggiamento americano mira a condizionare il contenzioso commerciale. Taiwan sarebbe quindi un mezzo nelle mani di Trump per forzare la Cina di Xi ad a piegarsi alle richieste americane di un commercio più favorevole agli USA. Secondo un'analisi pubblicata ancora dal Global Times, le iniziative americane a favore della difesa di Taiwan peggiorano i rapporti già molto difficili tra Washington e Pechino e distruggono gli sforzi del governo cinese tesi ad alleviare la guerra dei dazi.



Nonostante l'approccio “pacifico” mostrato durante il suo incontro con l'ex leader del partito taiwanese Kuomintang Lien Chan, Xi Jinping si oppone con forza all'indipendenza dell'isola e sta cercando di modificarne lo status instaurando nel Paese un cambiamento irreversibile.

Taipei prova a resistere alle minacce e allo stesso tempo conduce una politica di impegno verso la Cina. Il governo progressista e democratico taiwanese crede che la strada del dialogo con la Repubblica Popolare sia l'unico modo per superare le differenze e l'unica via per decidere tra la pace e il conflitto.

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