Usa, l'ennesima strage nel liceo ma Trump tace sulle armi

Usa, l'ennesima strage nel liceo ma Trump tace sulle armi
di Anna Guaita
Venerdì 16 Febbraio 2018, 10:09 - Ultimo agg. 20:06
4 Minuti di Lettura

NEW YORK - Bandiere a mezz'asta negli Stati Uniti, mentre per l'ennesima volta il Paese piange le vittime di un massacro scolastico. Diciassette sono questa volta le vittime in quello che è stato il diciottesimo caso di sparatoria in una scuola da quando è cominciato il 2018. Il numero degli attacchi cresce, tanto che oramai se ne conta uno ogni due giorni. Una realtà così drammatica che lo stesso Donald Trump, in genere criticato per la sua incapacità di trasmettere sentimenti di compassione, ha trovato ieri parole commosse per consolare la nazione: «Oggi parlo a una nazione che soffre» ha esordito, nel ricordare come «una scuola piena di ragazzi innocenti» fosse stata attaccata con «violenza, odio e malvagità». Il presidente ha promesso di recarsi di persona a Parkland, la tranquilla cittadina della Florida trafitta al cuore dal massacro nel liceo Marjory Stoneman Douglas: «Ho sentito le vostre preghiere, ho visto le vostre lacrime ha detto alle famiglie delle vittime -. Il vostro dolore è anche il nostro dolore. Siamo uniti, come una famiglia americana».
 


Trump però non ha neanche fatto cenno al problema delle armi, riducendo il massacro di mercoledì a una questione di follia: «Dobbiamo rendere sicure le nostre scuole e affrontare la spinosa questione della salute mentale». Il suo discorso ha tracciato la strada per il partito repubblicano, e per il ministro della Giustizia. Tutti hanno chiesto di «non politicizzare» il massacro, per dirla con le parole dello speaker della Camera Paul Ryan, e piuttosto, come invece suggerisce il ministro Jeff Sessions, «pensare ad applicare bene le leggi esistenti». Sessions ha insistito che si debba prestare attenzione «ai criminali, agli individui pericolosi e alle persone con problemi mentali», ma anche lui ha evitato accuratamente di suggerire leggi più severe sul controllo delle armi, che oramai negli Usa superano i 330 milioni di unità. Ci sono cioé più armi nel Paese, che non persone.
 
Solo i democratici ieri sono tornati alla carica a chiedere almeno maggiori controlli sulla vendita delle armi d'assalto, quelle usate nei massacri per la loro capacità di sparare a ripetizione. L'ex presidente Barack Obama, che nei suoi otto anni alla Casa Bianca aveva tentato di arginarne il dilagare, ha twittato che «Ci vogliono leggi di buon senso». Per l'appunto uno dei provvedimenti di «buon senso» che Obama aveva approvato, un decreto che avrebbe reso difficile a persone malate di mente comprare armi, è stato abolito nel febbraio di un anno fa proprio da Donald Trump. Forse per questo a Nikolas Cruz, il 19enne incriminato ieri per 17 capi di accusa di omicidio premeditato, è stato possibile comprare l'AK-15. In Florida chiunque abbia più di 18 anni non ha ancora il diritto di comprare una bottiglia di vino (età minima per acquisto di alcol: 21 anni), ma può acquistare armi, incluso armi d'assalto.

Il fatto che il giovane fosse stato nel passato in cura in una clinica psichiatrica non ha fatto suonare nessun campanello. Come non ha scatenato l'allarme neanche il fatto che fosse vicino ad alcuni fanatici nazionalisti, secondo quanto ha rivelato ieri Jordan Jareb, capo di un gruppo suprematista che vorrebbe creare una «Repubblica Bianca della Florida». Nel suo discorso alla Nazione, Trump ha ieri raccomandato che chiunque noti comportamenti strani o pericolosi dovrebbe informarne le autorità. L'appello è fondato e ragionevole, perchè evidentemente su Cruz c'è stato un peccato di omissione.

Vari compagni di scuola del giovane hanno poi rivelato che Cruz aveva spesso e volentieri espresso idee violente e immaginato di sparare contro la scuola. La scuola lo aveva espulso e gli aveva vietato di rimettere piede nel campus. Nel suo profilo Instagram, inoltre, Cruz aveva pubblicato foto di animali che aveva ucciso lui stesso, e foto di se stesso armato. E nessuno aveva reagito.

Ma almeno in un caso qualcuno si era allarmato: il blogger Ben Bennight aveva chiamato l'Fbi lo scorso settembre quando nella pagina dei commenti di un suo video-blog su YouTube aveva trovato la frase «Io diventerò un professionista di stragi scolastiche», sotto il nome «Nikolas Cruz». Gli agenti dell'Fbi erano andati a parlare a Bennight, ma a quanto lo stesso Bureau ha spiegato dopo il massacro, «non è stato possibile identificare il luogo, o la vera identità della persona che aveva messo il commento». Le leggi che proteggono la privacy e il diritto di parola hanno impedito agli agenti di compiere una indagine più approfondita.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA