Usa, Trump: «Stiamo costruendo un’America sicura, forte e orgogliosa»

Trump (ansa)
Trump (ansa)
Mercoledì 31 Gennaio 2018, 07:50 - Ultimo agg. 20:32
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«Questo è il nostro nuovo momento americano. Non c'è mai stato momento migliore per cominciare a vivere il sogno americano». Nel suo primo discorso sullo stato dell'Unione davanti alle camere riunite, sotto lo sguardo gelido di una Melania irritata dal riaffiorare di un vecchia affaire del marito con una pornostar, Donald Trump infonde fiducia agli americani. E vanta gli «straordinari successi» del suo primo anno profondamente divisivo alla Casa Bianca lanciando un appello all'unità al paese e ai democratici per lavorare insieme nel secondo.

Una «mano tesa» che gli serve per approvare in Congresso, dove sono necessari anche i voti dei democratici, i nodi dell' immigrazione e un piano per nuove infrastrutture da 1500 miliardi di dollari ma restando fermo sulle proprie posizioni. Unica sorpresa l'annuncio di un ordine esecutivo per tenere aperta la prigione di Guantanamo che Barack Obama voleva chiudere: «un'altra promessa mantenuta». Per il resto 80 minuti di slogan, successi e applausi senza analisi o riflessioni profonde, usando un tono presidenziale e opportunisticamente bipartisan. «Insieme stiamo costruendo un'America sicura, forte e orgogliosa», ha esordito.

«Stasera vi chiedo di mettere da parte le nostre differenze, di cercare un terreno comune e di trovare l'unità», ha proseguito. «Questa sera, voglio parlare del tipo di futuro che avremo e del tipo di nazione che saremo. Tutti noi, insieme, come una sola squadra, un solo popolo, una sola famiglia americana», ha aggiunto, ricordando che al centro della vita americana ci sono «la fede e la famiglia, non il governo e la burocrazia». «Stasera sto tendendo una mano per lavorare con i membri di entrambi i partiti, democratici e repubblicani, per proteggere i nostri cittadini, di qualsiasi estrazione, colore e credo», ha incalzato prima di rilanciare il suo piano per regolarizzare 1,8 milioni di illegali, «tre volte il numero della precedente amministrazione», in cambio dei fondi per il muro col Messico, l'aumento di agenti, la fine della lotteria dei visti e la limitazione della 'catena migratoria« al coniuge e ai figli minorenni.

Un
«compromesso» indigesto ai democratici, che hanno fischiato il passaggio sul giro di vite contro l'immigrazione e portato come ospiti una ventina di dreamers, i giovani portati in Usa quando erano bambini da genitori illegali e che a marzo rischiano l'espulsione se non si troverà un accordo dopo l'abolizione del programma obamiano che li tutelava. Ma Trump ha ammonito che non cederà: «è mio dovere proteggere gli americani, perché anche gli americani sono dreamers». Il presidente ha fornito invece pochi dettagli sul piano per le infrastrutture, lasciando intendere che sarà finanziato da pubblico e privato. La prima parte del discorso, scritto dal suo consigliere Sthepen Miller e letto fedelmente dal 'gobbo', è stato un elenco dei suoi traguardi, tra cui il taglio delle tasse «più grande della storia americana», i record della Borsa, l'aumento dei salari, i nuovi 2,4 milioni posti di lavoro, la disoccupazione al minimo tra i neri.

In campo commerciale
«l'America ha finalmente voltato pagina su decenni di accordi iniqui«, ha ricordato. Al suo attivo anche l'aver cacciato l'Isis da Siria e Iraq, ma «molto resta ancora da fare». Scarsa comunque la parte dedicata alla sicurezza nazionale, che ha incluso un messaggio di solidarietà agli iraniani «nella loro coraggiosa lotta per la libertà» e un monito forte contro la Corea del nord e la «natura depravata» del suo leader: «l'esperienza passata ci ha insegnato che la compiacenza e le concessioni invitano solo all'aggressione e alla provocazione.

Non ripeterò gli errori delle precedenti amministrazioni».

Di qui anche la necessità del riarmo nucleare come deterrente e del rafforzamento dell'esecito anche per contrastare la le minacce di MOsca e Pechino. Dribblato invece il tema rovente del Russiagate. I dem sono rimasti delusi e impassibili, affidando la tradizionale replica al deputato Joe Kennedy III, il delfino di una delle dinastie più famose d'America, pronipote di John Fitzgerald Kennedy:
«i bulli possono sferrare un pugno e lasciare il segno, ma non sono mai riusciti a eguagliare la forza e lo spirito del popolo unito in difesa del suo futuro».

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