Pirozzi lascia Amatrice: «Da sindaco impossibile salvare il mio paese»

Pirozzi lascia Amatrice: «Da sindaco impossibile salvare il mio paese»
di Simone Canettieri e Raffaella Troili
Venerdì 4 Maggio 2018, 08:45 - Ultimo agg. 7 Maggio, 00:15
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«Il mio non è un abbandono, ma un ulteriore atto di amore verso la mia terra: resterò per sempre ad Amatrice, con la mente e con il cuore, soprattutto per difendere, vivendola, il diritto di vita delle terre marginali e periferiche di tutto il Lazio e anche d’Italia». Con una lettera aperta di tre pagine Sergio Pirozzi annuncia che da oggi non sarà più sindaco di Amatrice, il comune del Reatino devastato dal terremoto nell’agosto del 2016, che fino alle prossime elezioni sarà retto dal vicesindaco. Questione di compatibilità con il ruolo di consigliere regionale nel Lazio, ma anche la consapevolezza che solo in Regione «potrò continuare a difendere il mio territorio: bisogna alzare l’asticella».

Nella lettera inviata a Il Messaggero , l’ormai ex sindaco si sfoga. Parla della sua precedente vita, quella prima del sisma, quando faceva l’allenatore di calcio, e di «quel rettangolo verde che mi manca». Da quel 24 agosto di un anno e mezzo fa la sua vita è cambiata. Anzi, sottolinea, che «niente sarà più come prima: sono quasi due anni che non lavoro». Pirozzi che va dalla cancelliera Angela Merkel, Pirozzi con la felpa, Pirozzi che litiga per gli sms solidali, Pirozzi che vola fino a Toronto per ringraziare Sergio Marchionne per i 7 milioni di dollari donati per la scuola del paese. «Diventare un simbolo, senza assolutamente volerlo, è un impegno enorme - sottolinea - un lavoro sfiancante, ma che mi ha dato la possibilità di conoscere persone straordinarie e contemporanea- mente affogare le delusioni avute per i comportamenti egoistici di una piccola parte della comunità amatriciana». Adesso, si volta pagina.

«TUTTO FERMO»
Eppure le macerie sono lì e sono tante. E don Savino D’Amelio, parroco di Amatrice, altra figura di riferimento, per questo controversa, presente e combattente, non fa giri di parole: «La gente ha il morale sotto i piedi. Dalle elezioni qui non si tolgono più macerie». Tutto fermo. «Ancora non stanno pensando che devono pensare alla ricostruzione». Snocciola dati semplici: «A oggi manca ancora il 20 per cento del minimo sindacale per la vivibilità: ossia il 20% delle 5mila casette assegnate. Chiavi consegnate, ma ci sono piccoli problemi tipo con le fogne». E il terziario, chi l’ha visto. «Gli artigiani non hanno un buco dove poter lavorare». La vera cartina di tornasole sarà settembre: e non si tratta se ci saranno o no le scuole quest’anno. «Il 24 agosto senza una proroga ricominceranno a pagare le tasse, dopo 2 anni...». Don Savino teme la fuga. «Poi certo senza Pirozzi precipiterà la situazione, almeno combatteva, un po’ di visibilità la otteneva».

MONTAGNE DI MACERIE
Montagne di macerie, case diroccate contribuiscono a rendere desolato il panorama, non fanno bene all’anima. Ma c’è chi ha deciso di rimanere, nonostante i morti in casa. Sposarsi e fare figli. Dandosi un tempo, certo. Come Enrico Maria Marini, responsabile dell’Associazione commercianti. «Sul commercio non c’è stato un progetto complessivo, la scelta dei due centri commerciali è sbagliatissima: hanno creato rivalità tra commercianti».

Il polo d’attrazione, la piazza, di fatto è la zona dell’area food. Anche se ora che è stato riaperto in parte il corso un po’ di struscio ricomincia. Il nodo più importante per Marini è la ricettività, «qui si viveva per le seconde case, se non vengono riassegnate è finita». Non ha voglia di parlare di Pirozzi, Roberto Serafini presidente del comitato civico 3e36. «Ritardi, negligenze, sarà la storia a giudicare l’operato di tutti, dal sindaco alla Regione, al commissario. Più volte abbiamo cercato di collaborare con l’amministrazione ma non è mai avvenuto».

Il 50 per cento delle macerie ancora a terra, come il morale, cantieri nei cimiteri, 50 progetti di ricostruzione fermi al vaglio (case b, danni lievi).

Serafini ce l’ha con le manifestazioni spot (oggi l’inaugurazione del campo sportivo). «Credo che Amatrice non si ricostruirà mai, io mi voglio ancora illudere ma non ci sono i presupposti». Venti mesi sprecati ad «apparire, non essere. Siamo stanchi, depressi. Si fa fatica a trascorrere la semplice giornata. Io mi alzo e dico: oggi che faccio?».

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