Al Senato gli scritti post mortem di Andreotti: «Mai avuto a che fare con la mafia e non c'entro con il caso Pecorelli»

Al Senato gli scritti post mortem di Andreotti: «Mai avuto a che fare con la mafia e non c'entro con il caso Pecorelli»
di Franca Giansoldati
Mercoledì 16 Gennaio 2019, 20:58 - Ultimo agg. 17 Gennaio, 18:40
3 Minuti di Lettura

Roma – Se non è stata una beatificazione è qualcosa che si è avvicinata molto. La figura di Giulio Andreotti tratteggiata nel libro della Lev - I miei santi in paradiso - e che racconta, attraverso documenti inediti, l’amicizia dell’ex leader democristiano con le figure chiave del cattolicesimo del Novecento (De Gasperi, Madre Teresa, Mazzolari, La Pira, don Sturzo, don Gnocchi, don Zeno Saltini) è stata al centro di una appassionata presentazione nella sala Zuccari, al Senato, dove Andreotti ha avuto per anni l'ufficio. C’erano tanti cardinali e prelati e anche l’ex capo della polizia, Gianni De Gennaro. Alla fine, Padre Leonardo Sapienza - il curatore del volume assieme a Roberto Rotondo – ha preso la parola per ultimo rivelando che Andreotti prima di morire scrisse tre bellissime lettere ai familiari con la volontà che fossero aperte solo post mortem. Cosa che avvenne puntualmente senza che fossero mai divulgate prima.

«Nella mia azione politica ho fatto qualche sgambetto e ho nutrito ambizioni» scriveva negli ultimi giorni di vita Andreotti, implorando i familiari, la moglie, i figli e i nipiti a non nutrire mai sentimenti di rancore o vendetta. «Non ho mai avuto a che fare con la mafia e con l’omicidio Pecorelli e ora che sto per partire desidero andarmene dicendovi che la mafia la ho combattuta con atti pubblici». Aggiungeva che i giudici, con il tempo, avranno il compito di appurare questo aspetto e che ignorava chi fosse dietro a le calunnie. «Forse questi anni di sofferenze e calunnie servono a bilanciare un corso di vita tutto favorevole, sarebbe ingiusto avere lo stesso premio eterno dei poveri che affollano le chiese e chiedono aiuto che non sempre possiamo dare loro. Sono sereno e non porto rancore nei confronti di chi muove questa macchina calunniosa».

L’incontro al Senato si è aperto con un intervento di Angelo Chiorazzo, fondatore della cooperativa Auxilium. «Ricordarlo qui non è nostalgia del passato, ma non si può costruire il futuro della nostra società senza la memoria» ha detto ricordando che la libertà di cui godiamo «la si deve a figure come De Gasperi e Andreotti». Un giudizio che è stato condiviso dal cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei e da Gianni Letta che, chiudendo, si è lasciato andare ad una invocazione: «Che oggi la Madonna aiuti qualcuno a guarire l’Italia e l’Europa».  

Proprio oggi, la signora Rosita Pecorelli, la sorella del giornalista assassinato nel 1979 - ha depositato alla Procura a Roma, assistita dall’avvocato Valter Biscotti, una istanza per chiedere la riapertura dell’indagine sull’omicidio. 
La donna, oggi 84enne, chiede ai pm di avviare nuovi accertamenti balistici su alcune armi che furono sequestrate a Monza nel 1995 ad un soggetto in passato esponente di Avanguardia Nazionale. Si tratta, tra le altre, di una pistola Beretta 765 e quattro silenziatori artigianali.   Nella richiesta si fa riferimento anche ad una dichiarazione che l’estremista di destra Vincenzo Vinciguerra fece nel 1992 allora giudice istruttore Guido Salvini. Vinciguerra - informa l'Ansa - sosteneva di aver sentito un dialogo in carcere tra due militanti di estrema destra in cui si affermava che l’uomo poi arrestato tre anni dopo a Monza aveva in custodia la pistola usata per uccidere il giornalista.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA