Appalti pubblici in calo, l'allarme dei costruttori: è colpa del nuovo codice

Appalti pubblici in calo, l'allarme dei costruttori: è colpa del nuovo codice
di Nando Santonastaso
Venerdì 15 Dicembre 2017, 10:04
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C'erano una volta gli appalti pubblici al Sud. Oggi sono quasi del tutto scomparsi, e non solo quelli di importi degni di nota (oltre i 100 milioni, ad esempio) e al Nord non è che se la passano meglio. Se si sfoglia l'elenco pubblicato dall'Associazione nazionale costruttori (Ance) nei primi nove mesi di quest'anno gli unici lavori pubblici che hanno interessato il Sud si riferiscono al raddoppio della linea ferroviaria Palermo-Catania, alla manutenzione ordinaria e straordinaria di varie tratte sempre Fs (come in tutta Italia) e all'«affidamento della concessione in project financing per la riqualificazione e l'efficientamento energetico dell'ente autonomo Volturno srl», per circa 177 milioni. Tutto qui e non è che quando si scende di gradino nella classifica degli importi le cose vadano meglio. Basta dare un'occhiata ai dati: nell'Italia meridionale gli appalti pubblici sono diminuiti di un altro 8,6% che si aggiunge al clamoroso meno 25% con cui si era chiuso il 2016. E con una perdita di valore che sfiora il 25%. Quasi inevitabile, di fronte a queste cifre, che il settore delle costruzioni resti saldamente ancorato all'ultimo posto dei settori produttivi, quasi refrattario alle spinte di crescita che pure si vedono e in parte si consolidano. Con la conseguenza, ma anche questo è un effetto quasi scontato, che l'occupazione continua a perdere addetti, un altro 6 per cento nel 2016 che allunga la catena di anni con il segno negativo iniziata a ridosso della grande crisi economica.

Meno noto, almeno per i non addetti ai lavori, è che a finire sul banco degli imputati è il nuovo Codice degli appalti, entrato in vigore nell'aprile 2016 e modificato esattamente un anno dopo, che il ministro Graziano Delrio ha voluto e difeso da critiche sospetti. Il Codice, studiato per riportare trasparenza e chiarezza nelle norme che presiedono agli appalti pubblici troppo spesso al centro di clamorose inchieste giudiziarie, è oggi indicato dai costruttori come il principale responsabile della contrazione ulteriore dei lavori pubblici, soprattutto nel Mezzogiorno, e addirittura come indiretto «sostenitore» delle aziende più forti e organizzate e dunque meglio attrezzate delle piccole e medie imprese di fronte ai nuovi obblighi di legge. Non è un caso documenta ad esempio l'Ance, che la ripresa che pure si era manifestata nei primi mesi del 2017 sul numero e sul valore degli appalti (13.300 le gare pubblicate con un aumento del 12% rispetto all'anno precedente) si è bruscamente fermata a maggio, un mese dopo cioè il via libera definitivo al correttivo del Codice. Anche al Nord.
 
Nei Comuni il crollo è stato immediato, meno 25%, mentre nelle Amministrazioni dello Stato si è andati di male in peggio: meno 24% nel numero degli appalti e addirittura meno 86,5% nel valore degli importi. Certo, le gare per lavori fino a 150mila euro sono rimaste con il segno positivo (+11%) ma per quelle oltre i 100 milioni e tra 15 e 25 milioni, che hanno un fortissimo impatto occupazionale, il passo indietro è stato evidente. Come se non bastasse, inoltre, al Codice si attribuisce anche la mancata soluzione di un altro annoso problema che penalizza l'edilizia, i tempi di pagamento della Pubblica amministrazione; non esiste, inoltre, un parametro oggettivo di valutazione delle proposte, dicono i costruttori, perché il principio dell'offerta economicamente più vantaggiosa di fatto - è un criterio troppo discrezionale.

In Campania, regione un tempo formidabile per il peso dell'edilizia anche in termini occupazionali, la situazione è quasi paradossale: il più 2,4% registrato nel Pil dell'industria nel 2016, primato assoluto in Italia e decisivo per il recupero del Mezzogiorno, di mattone ha poco o nulla. Dietro il boom del manifatturiero e i segni più dell'agroalimentare, dell'automotive, dell'aerospazio e del farmaceutico, i comparti che trainano la ripresa in Campania, c'è la stagnazione delle costruzioni, con l'ulteriore calo dei permessi di costruire (un tonfo del 75% tra il 2009 e il 2016) e la scomparsa di un numero infinito di piccole aziende (5.700 quelle uscite dal mercato nello stesso periodo). I bandi di gara per lavori pubblici nei primi nove mesi dell'anno registrano un'ulteriore flessione del 6% e del 46,6% nell'importo, continuando un trend di decrescita che già nel 2016 era stato preoccupante. «Su queste tendenze scrive l'Associazione Nazionale Costruttori Edili incide non solo l'entrata in vigore del nuovo Codice degli appalti ma anche il necessario riavvio della programmazione dei nuovi fondi strutturali 2014-2020». Va peraltro aggiunto che il drastico abbassamento dei valori delle gare pubblicate è anch'esso diventato una costante: negli ultimi sette anni in Campania, ad eccezione dell'accelerazione del 2014 (la corsa contro il tempo per non perdere i fondi europei), il settore ha registrato un calo del 30%. Non meno triste la condizione degli occupati almeno nel senso che continua l'ormai inarrestabile diminuzione del numero di lavoratori dipendenti (meno 9% su base annua nel 2016), solo in parte compensata dall'incremento degli indipendenti.

«Io contesto le accuse generiche al nuovo Codice degli appalti che leggo in questi giorni e soprattutto mi chiedo cosa vuol dire sospendere la normativa come si chiede con una certa leggerezza», dice Raffaele Cantone, presidente dell'Anac, l'Authority che è direttamente impegnata sul fronte della trasparenza degli appalti e che sul nuovo Codice ha lavorato a fondo. «Ma davvero si può pensare di tornare ad avere mani libere in questa materia?», insiste il magistrato. Secondo Cantone, «si può accettare come una provocazione la richiesta di approfondimento di alcuni aspetti che magari con il nuovo governo potranno essere affrontati. Ma di fronte ad accuse generiche e ingiustificate resto perplesso: nessuno ricorda che il Codice è entrato in vigore solo nello scorso maggio, da pochi mesi cioè, e che le sue innovazioni in termini anche di semplificazione delle procedure devono essere ancora pienamente recepite dal sistema. Io credo che finora solo il 20% del Codice è stato applicato ma di sicuro il pericolo che siano penalizzate le piccole imprese è fuori luogo. Anzi, le procedure per importi fino a 2 milioni - che sono tipici di questa categoria di aziende - sono state rese ancora più semplici e trasparenti».

Ma anche a Cantone non sfugge la preoccupazione che emerge dai dati Ance e in particolare il sempre maggiore distacco tra le amministrazioni pubbliche e gli appalti: «Credo che ci sia un eccesso di cautela da parte delle Amministrazioni nell'applicazione delle nuove norme e questo sicuramente non contribuisce a renderle pienamene fruibili», ammette il presidente dell'Anac. Paura, incertezza, un pizzico di confusione e una crisi tutt'altro che risolta: la tempesta perfetta dell'edilizia meridionale non è nata per caso.
 
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