Legge sul fine vita, asse Renzi-Gentiloni per varare la riforma dopo l'appello del Papa

Legge sul fine vita, asse Renzi-Gentiloni per varare la riforma dopo l'appello del Papa
di Alberto Gentili
Venerdì 17 Novembre 2017, 10:37 - Ultimo agg. 15:58
4 Minuti di Lettura

Se fosse per Matteo Renzi e per Paolo Gentiloni, l'okay alla legge sul biotestamento sarebbe certo. Praticamente scontato. Perché il provvedimento è considerato «giusto e doveroso», soprattutto «dopo le parole del Papa». E perché sarebbe utile a comporre il difficile puzzle della coalizione di centrosinistra, visto che il sì al testamento biologico o fine vita è considerato da Giuliano Pisapia, dai Radicali e da Mdp di Pierluigi Bersani una sorta di prova d'amore. La dimostrazione che il Pd e Renzi fanno sul serio.

L'operazione è tutt'altro che semplice. Il biotestamento è fermo in Senato da oltre 7 mesi, bloccato dal veto di Alternativa popolare di Angelino Alfano e dalla minaccia di miglia di emendamenti. In più, come afferma il capogruppo del Pd Luigi Zanda, «dobbiamo tenere conto del fattore tempo, che è molto ridotto. Ma la legge la vogliamo approvare e l'approveremo». Il problema è il quando e il come. L'aula di palazzo Madama fino al 29 o 30 novembre è impegnata nell'esame della manovra economica e soltanto dopo potrebbe affrontare il testamento biologico. Ma, secondo la road-map stabilita da Renzi e da Gentiloni, prima del fine vita il Senato dovrà dire il suo sì allo Ius soli, altro provvedimento inviso ad Alternativa popolare. E di tempo ce n'è davvero poco se, com'è probabile, la legislatura si concluderà a ridosso di Natale.
 
«Certo, tutto sarebbe più facile se lo scioglimento del Parlamento slittasse a gennaio...», dice una fonte autorevole di palazzo Madama che segue il dossier. Renzi però resiste. Vuole andare alle elezioni a marzo e guarda con sospetto ogni ipotesi di rinvio del tutti a casa. Il momento chiave sarà la conferenza dei capigruppo in programma tra il 28 e il 29 novembre: solo allora si scoprirà se il testamento biologico verrà o meno calendarizzato. E qui si arriva al come approvare la legge. A palazzo Madama e a palazzo Chigi si confrontano due scuole di pensiero. La prima esclude l'ipotesi di porre la fiducia. Perché a favore del provvedimento sono schierati anche i senatori cinquestelle che non voterebbero mai la fiducia al governo. E perché su un tema che «interroga le coscienze non si può procedere alla blindatura». In più, «dopo lo Ius soli, non è il caso di rifilare un altro schiaffone ad Alfano».

L'altra scuola di pensiero non prescinde invece dalla fiducia. Per due ragioni. La prima: «Se non la mettiamo il biotestamento non passerà mai, gli emendamenti l'affosserebbero». La seconda: «La fiducia, che in questo caso si potrebbe considerare tecnica», dicono a palazzo Chigi, «potrebbe essere votata da Mdp, da Ala di Verdini, mentre i senatori di Alternativa popolare per evitare la crisi e dopo la sortita di papa Francesco potrebbero uscire dall'Aula al momento del voto».

Insomma, «la partita è molto difficile». I «margini sono estremamente ridotti», allargano le braccia nell'entourage del ministro ai Rapporti con il Parlamento, Anna Finocchiaro. «Però noi ci proviamo», conferma Zanda e ripete Renzi. «Approvare il biotestamento e lo Ius soli renderebbe ancora più evidente che esiste già un centrosinistra coeso», incrocia le dita il pontiere Piero Fassino dopo l'incontro con Romano Prodi. E a favore si schierano anche i senatori a vita Elena Cattaneo, Mario Monti e Carlo Rubbia e Renzo Piano.

L'appello però cade nel vuoto. Da Alternativa popolare piovono nuovi no. Il ministro alla Salute, Beatrice Lorenzin chiede «nuove modifiche» che significherebbero riportare il provvedimento legge alla Camera. E dunque affossarlo. Il coordinatore di Ap, Maurizio Lupi, invita «a leggere ciò che a detto il Pontefice fino in fondo, il suo è un rifiuto dell'accanimento terapeutico ma anche dell'eutanasia. Perciò viene confermata la mia contrarietà al biotestamento». Una linea condivisa con Silvio Berlusconi.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA