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Autonomia differenziata: 21 mesi per il sì allo spacca-Italia

Una volta definiti i Lep, toccherà alle Regioni chiedere una o più materie (fino a un massimo di 23)

La premier Giorgia Meloni ai funerali di Ratzinger
La premier Giorgia Meloni ai funerali di Ratzinger
di Marco Esposito
Articolo riservato agli abbonati
Martedì 3 Gennaio 2023, 07:00 - Ultimo agg. : 4 Gennaio, 07:15
5 Minuti di Lettura

L'autonomia differenziata è già partita. Con la legge di Bilancio del 2023 ci sono le regole e i soldi (commi 791-805) per avviare il percorso, che sarà poi integrato dal disegno di legge che Roberto Calderoli ha consegnato giovedì a Giorgia Meloni. Il presidenzialismo e l'autonomia differenziata «sono strade completamente diverse e rincorrere l'una per l'altra veramente mi sembra sconclusionato e privo di senso e significato» ha detto ieri il ministro per gli Affari regionali e le autonomie sull'eventuale esistenza nel governo di una doppia velocità per l'attuazione dell'autonomia. «Questi riscontri pubblicati sui giornali - ha aggiunto Calderoli - non li ho verificati. Ho avuto un vertice con Meloni, con Fitto e con altri ministri e detto che entro fine 2022 avrei fatto una proposta». Colpi di scena sono ancora possibili, tuttavia si è usciti dalla fase delle dichiarazioni per passare a quella operativa con scadenza, se il ddl Calderoli sarà approvato nella versione attuale, a settembre 2024 quando il voto finale del Parlamento renderà operativa - e irreversibile - l'intesa con la quale lo Stato cederà poteri e risorse alle Regioni.

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La prima fase, già operativa, richiede la costituzione di una serie di strutture politiche e tecniche, con decine di nomine e qualche assunzione. Nasce la Cabina di Regia con un budget di 500mila euro annui e un minimo di otto membri: Meloni presidente, poi Calderoli e Giorgetti della Lega, Casellati per Forza Italia e Fitto per Fratelli d'Italia oltre a Fedriga (Friuli, Lega) per le Regioni, De Pascale (Ravenna, Pd) per le province e Decaro (Bari, Pd) per i Comuni. Alla Cabina prenderanno parte anche i ministri interessati alle singole materie richieste dalle Regioni. Secondo organismo politico è la Commissione Bicamerale Affari regionali, composta da dieci deputati e dieci senatori, la cui nomina però ha tempi meno rapidi perché Montecitorio non ha ancora aggiornato i propri regolamenti dopo il taglio dei deputati. Il ruolo tecnico più importante, secondo la legge, spetta alla Commissione tecnica fabbisogni standard (Ctfs), i cui componenti sono appena cresciuti (comma 805) da dodici a quattordici per fare spazio a tre rappresentanti regionali, invece di uno. Decisiva sarà la scelta del presidente, dopo le dimissioni dell'economista Alberto Zanardi in seguito al cambio di governo. La decisione in base alla legge spetta a Giorgia Meloni e il profilo del nome individuato sarà indicativo dell'orientamento di palazzo Chigi. C'è poi da nominare una Segreteria tecnica targata quasi tutta Calderoli, con dodici persone (di cui due dirigenti) scelte personalmente dal ministro entro un budget di 1.149.000 euro annui, più un componente tecnico per ministero coinvolto e uno per ciascuna categoria di enti locali; però chi non è nominato da Calderoli lavorerà in segreteria a costo zero. Anche Giorgetti ha un proprio budget, per assumere questa volta con concorso e a tempo indeterminato dieci funzionari destinati a rafforzare la Ragioneria: costo 535mila euro annui, comprensivi dei bonus per lo straordinario. In tutto 64 italiani ridisegneranno la Repubblica. Nei tre anni 2023-2024-2025 il costo per far partire l'autonomia differenziata è di 6,6 milioni.

Principale compito delle strutture tecniche e politiche è fare una ricognizione, stimare costi e fabbisogni e infine determinare i Lep, sigla ormai nota che sta per «Livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale», come dice la Costituzione. La legge indica il 30 giugno 2023 quale limite per la Cabina di regia per completare la prima parte del lavoro, dopo di che tocca alla Ctfs individuare le ipotesi tecniche per determinare costi e fabbisogni standard, quindi di nuovo la Cabina di regia, entro dicembre 2023, predispone gli schemi di Dpcm, cioè di decreti del presidente del Consiglio dei ministri, Dpcm poi adottati dopo l'intesa con la Conferenza Unificata, quella che riunisce Stato ed Enti locali. Qui possono nascere diversi intoppi, sia formali sia sostanziali. Intanto i Lep sono una funzione legislativa esclusiva dello Stato e il Dpcm non ha forza di legge. Poi definire un Lep senza finanziarlo è illogico perché se un servizio va garantito ovunque non è immaginabile che ciò accada trasferendo fisicamente strutture da luoghi ben dotati ad altri poco serviti. In ogni caso con la definizione dei Lep a gennaio 2024 si conclude la parte prevista per legge e si passa alla terza fase, quella tracciata dal ddl Calderoli, da approvare entro il 2023.

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Una volta definiti i Lep, tocca alle Regioni chiedere una o più materie (fino a un massimo di 23). Immaginando che Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna siano già prontissime, i passaggi successivi diventano incalzanti al ritmo di uno al mese. I pareri della Commissione Unificata e della Bicamerale Affari regionali peraltro non sono vincolanti e addirittura nella versione del 29 dicembre 2022 della bozza Calderoli (che peggiora sul punto i testi precedenti) il Governo non è neppure tenuto a motivare se si discosta dalle indicazioni della Bicamerale. In Parlamento potrebbe arrivare il testo inemendabile dell'Intesa già in luglio del 2024 per il voto confermativo alla Camera e al Senato. Se si immagina un minimo di melina, complici le ferie estive, il Sì finale ci sarà a settembre 2024. A quel punto l'intesa è irreversibile, cioè potrà essere cambiata solo se a farne richiesta sarà la Regione interessata, oppure se la proposta di revoca o modifica da parte dello Stato sarà accolta dalla Regione. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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