Autonomia differenziata, l'intervista a Francesco Boccia: «La crociata di Calderoli azzera i progressi fatti»

«Con questo attacco sconsiderato contro il Mattino e Il Messaggero Calderoli ha rimesso le lancette indietro nel tempo»

Francesco Boccia
Francesco Boccia
di Valentino Di Giacomo
Giovedì 5 Gennaio 2023, 11:00 - Ultimo agg. 18:04
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«C'è sempre stata una grande ambiguità politica e culturale sul tema dell'autonomia da parte della Lega e, purtroppo, Calderoli con questa nuova crociata e con questo attacco sconsiderato contro il Mattino e Il Messaggero ha rimesso le lancette indietro nel tempo». L'ex ministro degli Affari regionali, Francesco Boccia, è pronto a dare battaglia sul progetto di autonomia differenziata presentato dal ministro Calderoli alla premier Giorgia Meloni.

Dove sbaglia a suo avviso Calderoli?
«Intanto sul metodo, dal momento che ai tempi del governo giallorosso io mi confrontai sia con la Conferenza Stato/Regioni che con la Conferenza Unificata uscendone con il parere favorevole all'unanimità degli enti locali.

Lui non si è neppure confrontato, prima ha mandato una bozza che gli hanno rispedito indietro, poi ha modificato minimamente quella bozza consegnandola direttamente a Palazzo Chigi senza alcun confronto».

Il nodo restano gli ormai celeberrimi Lep, i livelli essenziali delle prestazioni che devono essere uguali tra ogni Regione?
«Certo, è ciò che il presidente Mattarella definisce l'autonomia che rafforza l'unità nazionale, altro non è che applicare correttamente il principio di sussidiarietà. Non si può scherzare col fuoco quando si parla di servizi alla persona, assistenza dai bambini agli anziani, arrivando al trasporto pubblico locale o alla scuola. Su questo gli Enti locali devono essere coinvolti tanto quanto avviene per le regioni sulla Sanità. Questo nel progetto di Calderoli non c'è, ma c'è solo fretta spasmodica di mettere le mani sul bilancio dello Stato rifacendo gli errori che già si commisero ai tempi del governo Berlusconi. È un progetto che continua a utilizzare il criterio della spesa storica e dei costi standard rivelatisi poi penalizzanti per il Sud e le aree interne. E poi anziché applicare l'autonomia così come prevista dalla Costituzione, in parallelo con tutti gli articoli, si limitano all'articolo 116 comma 3. Così non va».

Da dove bisogna ripartire?
«Non si è partiti perché sui Lep hanno cominciato con uno strappo. Aver imposto che la definizione dei Lep possa avvenire con un Dpcm istruito da una cabina di regia tutta governativa è stata una forzatura grave sulla quale ci opponiamo, anche se hanno già approvato la legge. Nel 2020 avevamo ottenuto unanimità perché si stabiliva il principio che prima si individuavano i Lep in Parlamento con legge ordinaria. E non a casa di Calderoli. Verrà ancor più fuori la differenza Nord/Sud come emerge da tutti gli studi Istat o Svimez con un costo complessivo che oscilla tra gli 80 e i 100 miliardi. Risorse che andranno messe sul tavolo per ristorare aree che hanno avuto meno investimenti pubblici come il Sud e aree interne anche del Nord».

Dalla sua nascita il Pd non ha mai avuto un segretario del Sud e al congresso non c'è nessun candidato meridionale? Non crede che così si rischia di essere meno credibili nella difesa del Mezzogiorno?
«L'attenzione per il Mezzogiorno dipende dalla storia e dalla sensibilità politica personale, abbiamo avuto autorevoli meridionalisti non provenienti dal Sud: da Gramsci a Franchetti, da Sereni a De Gasperi. Il tema è sempre lo stesso ed è la tensione culturale che c'è dietro una donna o un uomo rappresentante delle istituzioni. Penso pure che mai come questa volta il tema meridionale sia diventato centrale nel dibattito del congresso del Pd. Del resto questa non è una battaglia contro Calderoli, nessuno ce l'ha con lui, ma contro le disuguaglianze ormai cristallizzate da anni di ministri con la testa solo al Nord e per gli interessi dei nord del mondo».

Ritiene che i parlamentari meridionali di tutti i partiti debbano formare un coordinamento?
«Sarebbe molto utile un intergruppo per il Mezzogiorno ma dubito che gli eletti della maggioranza avranno la libertà di aderire, anche se vedo anche un cambio di atteggiamento di Fdi e Fi che sembra frenare sul progetto di Calderoli, così come sulla boutade detta in campagna elettorale di un superamento della figura del presidente della Repubblica come garante dell'unità nazionale».

Servirebbe quindi un tavolo comune?
«Vedo che Salvini anche oggi tira fuori che con l'autonomia saranno bravi anche gli amministratori del Sud, come avviene al Nord. Una narrazione insopportabile di chi pensa che al Sud siano tutti incapaci. Oggi, a parte Calabria e Molise, con De Luca in Campania e con Emiliano in Puglia i presidenti del Sud così come tanti sindaci hanno dimostrato di saper amministrare bene, uscire dai commissariamenti e cambiare la storia dei territori».

Veniamo al partito. Lei qui in Campania è commissario del Pd da giugno dopo i disastri e le faide dei mesi scorsi. Ieri i consiglieri regionali del Pd le hanno chiesto un passo indietro perché ha appoggiato Schlein. Lo fara?
«Non commento mai documenti legati a vicende personali dei promotori. La politica per me è sempre stata partecipazione ad un grande disegno collettivo. E ora anche in Campania siamo chiamati tutti a rilanciare e a rigenerare un partito che non è fatto solo di eletti ma di elettori e militanti che vogliono risposte a problemi quotidiani. Quanto alle date dei congressi non è cambiato nulla: dopo la direzione nazionale ci sarà il regolamento congressuale». 

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