Avanti subito con l’autonomia. O forse no, «c’è tempo fino a fine legislatura». All’indomani della tagliola della Corte Costituzionale nel centrodestra si propinano diverse ricette per rimettere in pista la riforma federalista promessa agli elettori. Chi ha fretta di arrivare a dama. Chi invece, dietro le quinte, spera nella frenata.
Schiaccia sull’acceleratore la Lega per nulla decisa a rallentarne il percorso e riaprire un lungo iter parlamentare come sembra suggerire la Corte. «Si invita il Parlamento a fare modifiche? Così sarà fatto - alza le spalle il segretario Matteo Salvini ospite di Agorà - l’autonomia è stata riconosciuta come costituzionalmente corretta, bene, un altro passo avanti». In verità la sola idea di allungare i tempi della grande battaglia federalista da cui prese le mosse la Lega delle origini scalda e mette sull’attenti la vecchia guardia.
Il ministro Roberto Calderoli fa sapere a scanso di equivoci che la legge approvata da entrambe le camere resterà tale e quale, semmai si terrà conto dei rilievi della Consulta «nella parte attuativa». Tradotto: le intese per trasferire le prime funzioni dallo Stato alle Regioni che ne hanno fatto richiesta vanno avanti.
Di sicuro sulle materie “non-Lep”, cioè i poteri che non impattano sui diritti e le prestazioni sociali fondamentali per i cittadini come la Sanità o la Scuola. Ma che comunque possono trasformare il peso e l’influenza politica di una Regione affidandole importanti compiti, dalla Protezione civile al commercio con l’estero. Ecco su queste intese, dall’iter più rapido, i governatori leghisti intendono andare avanti e in fretta. Piaccia o no alla Consulta.
LA TRINCEA
Uno ad uno i presidenti del Carroccio si fanno sentire. Luca Zaia, il “Doge” veneto in chiusura del terzo mandato, forte di percentuali di consenso bulgare in Regione, assicura: «L'autonomia non è stata per nulla cancellata». L’asse dei governatori serra i ranghi. Massimiliano Fedriga, dal Friuli-Venezia Giulia, la mette così: «Si continua a lavorare sul percorso delineato con le Regioni». Si accoda il governatore lombardo Attilio Fontana, veterano del Carroccio: «La legge di Calderoli è assolutamente legittima». E Alberto Stefani, segretario in Veneto e vicesegretario federale, recita lo stesso spartito: «Di fatto la legge resta in piedi, avanti dunque con la trattativa per le Regioni che l’hanno chiesto». Ergo, non sono ammessi stop né lungaggini in Parlamento. Peccato che non tutti, in maggioranza, la pensino così.
Sul dossier c’è Luca Ciriani, ministro ai Rapporti con il Parlamento di Fratelli d’Italia: dovrà occuparsi lui di trovare uno spazio, d’intesa con Giorgia Meloni, nella già affollatissima agenda parlamentare per ritoccare la riforma sulla scia dei rilievi della Consulta. Quando? Il diavolo è nei dettagli. Ciriani, ospite al Forum di Iniziativa Europa a Stresa, spiega che non c’è fretta: «Se sarà necessario, come immagino, fare dei passaggi parlamentari, il Parlamento ha tutto il tempo per farli». Pausa. «Manca un sacco di tempo alla fine della legislatura...». “Un sacco” di tempo, però, è decisamente troppo per i leghisti che scalpitano e chiedono lo sprint sulle intese tra Stato e Regioni in vista delle elezioni regionali in Veneto.
Da quelle parti, nella terra di Zaia, autonomia uguale Lega. Chi si schiera contro, o tentenna, paga alle urne. Bisognerà insomma trovare una quadra tra alleati e non sarà facile. Dal partito della premier assicurano che l’autonomia si farà, «come le altre riforme del programma». Ieri ci ha messo la firma Alfredo Mantovano, sottosegretario a Palazzo Chigi, l’uomo che segue i dossier e tiene le fila con il Colle per la presidente del Consiglio. Dice Mantovano: «Non c'è nessun disorientamento, c'è il richiamo al Parlamento con l'indicazione di alcune linee guida di rettifica». Palla al Parlamento, dunque. Dove i tempi però potrebbero allungarsi.
I PALETTI
La sentenza sarà pubblicata ai primi di dicembre. Poi bisognerà rimettere mano alla legge già bollinata. E non saranno ritocchi da poco, checché ne dicano dalle parti del Carroccio. Non ha fretta di certo Forza Italia: nel partito azzurro sono tante le remore sulla riforma. «L’abbiamo dovuta votare perché Salvini ne faceva questione di vita o di morte del governo», mugugna un dirigente. Da Monaco di Baviera, dove è in missione, Antonio Tajani dà la linea. Ricorda, il segretario azzurro, che la Consulta «ha posto un problema» e cioè «la centralità del Parlamento» nella definizione dei Lep, le prestazioni fondamentali. «Questa è sempre stata la posizione di Forza Italia: lavoreremo in Parlamento». Come a dire: il capitolo autonomia non è ancora chiuso. Così suggeriscono invece i governatori leghisti impazienti di chiudere le prime intese con Palazzo Chigi. Si vedrà.
Su una cosa gli alleati seguono lo stesso spartito: il probabile annullamento del referendum abrogativo di marzo, attesissimo dal centrosinistra a guida Conte-Schlein, viene vissuto come uno scampato pericolo. È il bicchiere mezzo pieno della Consulta: la chiamata alle urne per dire sì o no alla battaglia federalista difesa trent’anni fa da Umberto Bossi sul prato di Pontida è, nel migliore dei casi, rinviata a data da destinarsi. La data per trasformare in realtà l’autonomia differenziata invece dovrà essere aggiornata.