Autonomia differenziata, da Zaia un bonus fittizio: fondi al Sud al netto delle spese extra

Autonomia differenziata, da Zaia un bonus fittizio: fondi al Sud al netto delle spese extra
di Marco Esposito
Mercoledì 23 Febbraio 2022, 07:00 - Ultimo agg. 18:32
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Sale la tensione sull'autonomia differenziata. Il presidente del Veneto Luca Zaia prima ha chiamato a Venezia il collega dell'Emilia-Romagna Stefano Bonaccini per lanciare un appello al premier Draghi a «battere un colpo» e poi ha rilanciato la campagna all'insegna del nuovo slogan «l'autonomia è di tutti». Ha un asso nella manica: il bonus Sud con il quale conta di convincere anche i più scettici. Tuttavia la sua proposta di un fondo perequativo in favore dei territori più deboli, da finanziare con il cosiddetto ultra-gettito, non regge a un'analisi tecnica e si rivela, anzi, fittizia: più fumo che sostanza.

Zaia, è noto, punta ad allargare le competenza del Veneto a tutte le 23 materie citate in Costituzione anche se la sola che davvero sposterebbe miliardi (ed è quindi a suo parere decisiva) è l'istruzione. Lo Stato oggi spende direttamente in Veneto 2,3 miliardi mentre in Lombardia 4,6 miliardi. La ministra degli Affari regionali Maria Stella Gelmini ha affidato a una commissione di cinque esperti il compito di analizzare le richieste delle Regioni e, anche se nessuno dei cinque è meridionale, il giudizio sull'istruzione è nettissimo, con la richiesta di «espungere in questa prima fase la materia dell'istruzione, il cui trasferimento porrebbe problemi politici, sindacali, finanziari, tributari quasi insormontabili, con un quasi sicuro aumento dei costi di sistema sia per le Regioni destinatarie del trasferimento, sia per lo Stato».

Peraltro anche sulle altre materie, secondo le conclusioni della commissione nata nel giugno 2021 con la presidenza di Beniamino Caravita (il giurista scomparso lo scorso novembre), la «Regione richiedente deve farsi carico della dimostrazione della convenienza di sistema al trasferimento delle funzioni e delle risorse».

Ma Zaia insiste e chiede la scuola più una dote iniziale di 2,3 miliardi. Finanziati come? Trattenendo sul territorio un terzo del gettito Iva riferibile al Veneto, ovvero appunto 2,3 miliardi. Cosa accade se per una crescita dell'economia negli anni successivi il gettito di un terzo dell'Iva porta più di 2,3 miliardi? Supponiamo che ci siano 2,8 miliardi cioè mezzo miliardo di ultra-gettito. A chi va? La norma è scritta in modo contorto, ma la sostanza è questa: le risorse extra sono destinate a un nuovo fondo perequativo, però non tutte, solo quelle al netto della maggiore spesa eventualmente sostenuta dalla Regione rispetto a quella riconosciuta dallo Stato. Quindi il Veneto prima decide se aumentare le sue spese per la scuola regionalizzata da 2,3 fino a un massimo di 2,8 miliardi poi, bontà sua, se dopo le spese extra avanza qualcosa, lo versa a un fondo orizzontale, cioè che va da Regione a Regione senza passare per Roma.

Nella proposta di Zaia non si dice nulla sull'ipotesi opposta, ovvero nel caso in cui il gettito Iva si riduca e il Veneto non abbia più i 2,3 miliardi per sostenere la scuola regionalizzata. Un vuoto normativo, che ha una risposta implicita: visto che è impensabile che in una Regione si tagli il sistema scolastico al di sotto degli standard nazionali, toccherebbe allo Stato centrale pagare la differenza. In pratica per il Veneto c'è o un guadagno o un pareggio mentre per il resto d'Italia si va incontro a una sicura perdita a causa dei maggiori costi della frammentazione del servizio scolastico, almeno a dare fede alle analisi della commissione Caravita. 

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La Gelmini, non a caso, è fredda sull'ipotesi di regionalizzare la scuola, tuttavia si è convinta che l'avvio del percorso di autonomia differenziata sia possibile con un sistema di binari paralleli: su un binario corre la legge quadro che in sei articoli definisce le norme cornice, compresi i meccanismi finanziari; sull'altro binario Veneto, Emilia-Romagna e Lombardia preparano da subito le intese in base all'iter già definito nell'articolo 116 della Costituzione, intese sulle quali toccherà al Parlamento dire l'ultima parola.

La legge quadro cui lavora Gelmini è ancora una bozza riservata, soggetta a diversi ritocchi. In una versione circolata tra gli addetti ai lavori addirittura nel testo appariva il concetto di «residuo fiscale», ovvero una formula tecnicamente evanescente, che fa parte del linguaggio propagandistico diffuso tra chi lamenta il «sacco del Nord». L'espressione è stata poi corretta, tuttavia la svista dà il segno di come l'autonomia differenziata continui a essere costruita in stanze chiuse da tecnocrati ideologicamente orientati. Non è esattamente l'autonomia «di tutti». 

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