Autonomia differenziata: lo scontro su fisco, risorse e servizi spaventa il Mezzogiorno

Autonomia differenziata: lo scontro su fisco, risorse e servizi spaventa il Mezzogiorno
di Nando Santonastaso
Giovedì 25 Agosto 2022, 23:37 - Ultimo agg. 26 Agosto, 15:11
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Il governatore del Friuli, Massimiliano Fedriga, presidente della Conferenza delle Regioni, rimane possibilista. «Il percorso verso l’autonomia differenziata si è interrotto ma non si è fermato. C’è la volontà di tutta la coalizione di centrodestra di andare avanti nel rispetto dell’impegno preso non solo con le Regioni che ne hanno fatto richiesta ma anche con i milioni di cittadini che in Veneto e Lombardia hanno votato», ha detto l’altro giorno al meeting di Rimini. Parole annunciate, in fondo, visto che il tema è una delle storiche bandiere della Lega, il partito di Fedriga, e che un esplicito richiamo compare nel programma elettorale condiviso dalla coalizione di centrodestra. In quel testo, per la verità, si legge solo una breve quanto chiara indicazione: «Piena attuazione della legge sul federalismo fiscale», senza spingersi più in là evidentemente per non compromettere gli equilibri tra chi spinge a tutta forza in quella direzione, come la Lega di Matteo Salvini, e chi ha storicamente una tradizione molto più statalista come Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. I retroscena di queste ultime ore sul presunto compromesso che avrebbe permesso l’ok all’autonomia differenziata in cambio di quello sul presidenzialismo sono ovviamente da dimostrare, al di là del fatto che proporre due riforme costituzionali in un colpo solo sembra oggettivamente complicato. Di sicuro la Lega non sembra disposta ad arretrare di un millimetro sulla richiesta avanzata da Veneto e Lombardia con il referendum del 2017 alla quale nel 2019 si accodò anche l’Emilia-Romagna. 

Difficile immaginare che la questione, così divisiva anche in chiave strumentale tra Nord e Sud, possa occupare uno spazio importante nella propaganda elettorale, per ovvie ragioni di opportunità e convenienza. Ma è da ingenui pensare che il tema sia diventato residuale, specie dopo che il Ddl dell’allora ministra di Forza Italia Maria Stella Gelmini, discusso con le sei Regioni coinvolte direttamente (oltre alle tre proponenti, sedevano al tavolo anche Liguria, Toscana e Piemonte) non riuscì ad approdare in Consiglio dei ministri per la crisi di governo.

Il tema resta, lo ha ribadito appunto Fedriga, e nel programma della Lega non si fa alcuna fatica a ribadirne la centralità: «L’autonomia – si legge a pagina 148 - è una dimensione spirituale, un’autentica vocazione. È una questione di cultura politica, dunque. Chiedere più autonomia significa infatti accogliere il confronto e la competizione, che dovrebbe essere l’essenza del regionalismo a geometria variabile». 

Tema trasversale ai partiti, con disagi di natura territoriale piuttosto evidenti (il Pd ma non solo) l’autonomia regionale rafforzata resta sicuramente molto divisiva. I dem nel programma scrivono che «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia alle Regioni potranno essere concesse nell’ambito di una legge quadro nazionale, solo previa definizione dei Livelli Essenziali di Prestazioni. Sono comunque esclusi dalla differenziazione delle competenze regionali i grandi pilastri della cittadinanza, a partire dall’istruzione». Tesi sostenuta anche dal Terzo Polo che già con l’allora ministra Mara Carfagna sollevò alcune obiezioni al testo del Ddl e che ora sottolinea l’urgenza di «dare attuazione al dettato costituzionale sui Leo e di portare a regime l’integrale allocazione dei finanziamenti statali in chiave perequativa, sulla base della differenza fra fabbisogni standard e capacità fiscale». 

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Il Mezzogiorno delle associazioni, dei sindacati, sindaci (Manfredi, primo cittadino di Napoli, in testa) resta a dir poco freddo sulla materia. E non a caso sempre Fedriga ne ha colto il segnale augurandosi che alla richiesta di autonomia possano aggiungersi anche «molte regioni del Mezzogiorno che potranno portare avanti un processo di richiesta di competenze che soprattutto a seguito della pandemia ha visto il protagonismo dei territori fondamentali per come si riesce a dare risposta ai cittadini». Basta però riascoltare uno dei più recenti interventi tv del governatore della Campania Vincenzo De Luca per capire che aria tira al Sud: «Dobbiamo stare attenti. Cosa significa in sostanza l’autonomia differenziata? Anche la Regione Campania l’ha chiesta, ma per alcuni colleghi essa significa sostanzialmente una cosa, compartecipazione al gettito fiscale. Immaginano di realizzare questo sistema: ogni Regione compartecipa al 10% del gettito Iva. È evidente che siccome nel Centronord la base imponibile, il gettito fiscale cioè è enormemente superiore, per il Sud ci sarebbe la condanna a morte, come se già non bastassero le conseguenze dell’inflazione e le previsioni di crescita del 2023 che secondo la Svimez sarebbero di 6-7 decimali inferiori al Sud rispetto alla media nazionale».

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