Autonomia, i paletti delle imprese del Sud: «Servizi uguali per tutti»

Autonomia, i paletti delle imprese del Sud: «Servizi uguali per tutti»
di Nando Santonastaso
Mercoledì 6 Febbraio 2019, 12:00 - Ultimo agg. 18:07
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Una proposta in sette punti, frutto di un «approccio tecnico e non politico», come spiega il presidente di Confindustria Napoli, Vito Grassi, alla folta platea riunita a Palazzo Partanna. E soprattutto, di una volontà di dialogo che stride non poco con lo studiato e ancor più assurdo silenzio che continua a circondare l'iter della proposta avanzata da Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. I «paletti del Sud» ad uno scenario che tra dieci giorni potrebbe diventare realtà (il 15 febbraio è la scadenza fissata da governo e Regioni interessate) non sono il retaggio di chiusure, pregiudizi e piagnistei in salsa meridionale. Rappresentano, al contrario, il tentativo di andare oltre le contrapposizioni emerse finora, di ragionare con elementi di certezza e non per sentito dire, di dare una voce ai tanti italiani, anche del Nord, che temono di veder compromesso per sempre l'attuale assetto istituzionale del Paese, a danno del Mezzogiorno, senza poterne approfondire i contenuti.

La sconcertante segretezza che accompagna il testo su cui governo e Regioni dovranno discutere fa il paio infatti con il ruolo assolutamente secondario che su questa materia è assegnato al Parlamento per i prossimi 10 anni: un ruolo di semplice ratifica, un sì o un no e niente dibattuto, nessun approfondimento, men che meno uno straccio di confronto nelle Aule. Non a caso è questo uno dei punti centrali della proposta illustrata ieri dai suoi principali estensori: oltre a Grassi, l'ex presidente della Corte Costituzionale Cesare Mirabelli, il Rettore della Federico II Gaetano Manfredi, il presidente della Svimez Adriano Giannola, il giornalista del Mattino ed esperto di federalismo Marco Esposito.
 
La centralità delle Camere ribadita a chiare lettere «sia per il monitoraggio degli effetti sia per la potestà di effettuare, con procedura ordinaria, le modifiche che dovessero manifestarsi come necessarie», si legge al punto numero 4.

Ma non meno centrale è anche un altro presupposto del quale si continua a parlare poco: ovvero, il riconoscimento dei Livelli essenziali delle prestazioni e dei costi standard, l'unica strada che può permettere al Sud di misurare fino in fondo la sua competitività rispetto alle Regioni più ricche e più evolute. La Costituzione, è stato ribadito anche ieri, prevede che i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale: ma per farlo occorre che venga data attuazione alle leggi già esistenti, come la legge Calderoli, rimasta da dieci anni sulla carta e la cui mancata applicazione è all'origine della discutibile ma scientifica spinta autonomistica del Nord.

Di sicuro tra i «paletti del Sud» non c'è il rifiuto di riconoscere maggiore autonomia alle Regioni che la chiedono. Anzi, il documento che da stamane sarà consultabile sui siti dell'Unione industriali Napoli e della Federico II conferma la piena credibilità degli articoli della Costituzione che espressamente prevedono tale possibilità: nessuna opposizione preconcetta, dunque, o peggio di territorio ma a condizione che si stabiliscano le regole e le modalità con cui il federalismo rafforzato può diventare legge senza stravolgere il dettato Costituzionale e creare un danno (in termini di risorse, di steccati decisionali su energia, ambiente, scuola, infrastrutture, sanità) all'unità del Paese e al Sud in particolare. «Il sospetto dice Giannola è che il vero obiettivo di questa proposta sia di trasformare le Regioni in Stati veri e propri, una sorta di Confederalismo che alla fine farà scomparire il Nord, il Sud e l'Italia stessa».

Un disegno politico, insomma, preparato nel disinteresse dei meridionali (giornalisti, politici, presidenti di Regioni e quant'altri) e preceduto da altri significativi provvedimenti, come ha ricordato Esposito: a cominciare dal dimezzamento delle risorse di perequazione destinati agli enti locali del Sud che dura da quattro anni e contro il quale nessuno ha mai alzato la voce, forse perché non se n'è ancora accorto.

Il documento sarà inviato alle massime istituzioni del Paese, dal premier Conte ai presidenti di Camera e Senato, ai presidenti delle Commissioni parlamentari più coinvolte sulla materia come la Bicamerale federalismo e la Bicamerale questioni regionali. Il suo contenuto riflette chiaramente tutti i dubbi di costituzionalità sottolineati da Mirabelli: tanti e talmente evidenti da rendere scottante la domanda che lo stesso costituzionalista si è posto: «Com'è possibile che un tema del genere sia stato posto in un cono d'ombra così grande?». Già, com'è possibile?
 

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