Autonomia differenziata, lo stop del Sud: Calderoli costretto a trattare

Meloni convoca un vertice tra i ministri, Fitto: «Il Mezzogiorno va messo alla pari»

Il ministro Roberto Calderoli
Il ministro Roberto Calderoli
di Adolfo Pappalardo
Venerdì 18 Novembre 2022, 00:00 - Ultimo agg. 19 Novembre, 09:20
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Alla fine il ministro Roberto Calderoli fa marcia indietro: «Come avevo già sottolineato, il testo su cui ci siamo confrontati in Conferenza delle Regioni era una bozza di lavoro». E parla, riferendosi all’assise, ieri mattina, con le Regioni di «un confronto costruttivo». Un modo per abbassare il livello dello scontro sull’Autonomia differenziata innescato il giorno prima dal governatore Vincenzo De Luca che si è fatto capofila del malessere dei colleghi del Mezzogiorno. E, infatti, in serata il ministro leghista sembra stuzzicare proprio De Luca quando si augura «che ai prossimi incontri tutti i presidenti vengano in presenza e non si facciano rappresentare da altri, perché dal confronto diretto emergono sfumature che non si colgono attraverso relata refero». 

Ma d’altronde la sua assenza era annunciata già da 24 ore. Non per sgarbo o altro ma sol perché l’ex sindaco di Salerno ha preferito (come spesso accade in questa sede) spedire un fedelissimo come il suo vice Fulvio Bonavitacola ed un esperto di numeri e sanità come il responsabile al Bilancio Ettore Cinque.

Come hanno fatto poi anche altre regioni come il Lazio. Anche perché, trattative a quel tavolo a parte, lo scontro è tutto politico e tende ad allargarsi. 

Anzitutto ora anche le regioni governate dal centrodestra iniziano a storcere il naso. È il caso della Calabria di Occhiuto o dell’Abruzzo di Marsilio che, sottolinea, come «quasi sempre alla Conferenza sono uscite decisioni all’unanimità». «No a fughe in avanti», avverte invece il governatore calabrese. Senza contare come la materia, cavallo di battaglia della Lega, ora potrebbe essere seguita più da vicino da Giorgia Meloni. Troppo delicata, troppo divisiva per lasciare tutto in mano al partito di Salvini. 

Da qui la decisione di ieri sera di convocare per oggi alle 13 una riunione sul tema a palazzo Chigi. Con il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il titolare degli Affari regionali Roberto Calderoli ma anche i responsabili dei dicasteri competenti. A cominciare da Raffaele Fitto, ministro per gli Affari europei in quota Fdi con deleghe di peso come il Sud, le Politiche di Coesione e il Pnrr a cui ieri tocca gettare acqua sul fuoco e mediare: «Il criterio a cui il governo intende ispirarsi è quello di garantire, pur nel rafforzamento delle competenze e delle funzioni delle Regioni, i medesimi livelli qualitativi e quantitativi delle prestazioni sull’intero territorio nazionale, eliminando le sperequazioni e mettendo in campo tutte le misure e le iniziative anche di carattere finanziario necessarie». E assicura: «Il Sud non resterà indietro». Niente fughe in avanti leghiste, insomma. 

E ieri, già al tavolo delle Regioni, su pressioni varie si è iniziato a ragionare su diversi nodi. A cominciare da possibile interventi di Camere e commissioni per evitare il silenzio-assenso sui trasferimenti delle materie tra Stato e Regioni previsto inizialmente da Calderoli. E poi i Lep, i livelli essenziali delle prestazioni, da definire prima di qualsiasi cosa. Assieme a materie delicate come istruzione, ambiente, sicurezza del lavoro salute. Compresa una contrattazione autonoma delle Regioni sul personale scolastico e sanitario che rischierebbe di innescare un esodo verso il Nord di queste due categorie di lavoratori. Si tratta, insomma. 

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Mentre infuria lo scontro politico. Dall’M5s che, con 20 senatori, deposita un’interrogazione parlamentare su una «bozza di legge che rischia di andare contro la Costituzione, contro le prerogative del Parlamento e penalizzare tutto il Mezzogiorno». E non a caso, ieri sera, l’ex presidente della Camera, il grillino Roberto Fico, si dice «totalmente d’accordo con De Luca e Manfredi: è una proposta irricevibile». E così il Pd che ieri ha riunito gli uffici di presidenza dei gruppi parlamentari per valutare con il vice presidente della Conferenza delle Regioni Michele Emiliano il da farsi. Al termine è il responsabile nazionale degli enti locali, il parlamentare Francesco Boccia, a sentenziare come «la bozza del ddl Calderoli non rispetta lo spirito e i principi indicati dalla Costituzione».

E indica, Boccia, una strada: «Una legge quadro che indichi percorso e procedure condivise con le Regioni ed Enti locali e definire prima del trasferimento di competenze i Lep». E magari ripartire «dalla proposta di ddl del Pd presentata nel 2020 e adottata all’unanimità dalla Conferenza stato regioni e dalla Conferenza unificata». «Come opposizione siamo disponibili ad un confronto costruttivo con la maggioranza, avendo come obiettivo il corretto sviluppo dei territori nel rispetto del principio di unità nazionale e per questo riteniamo si possa ripartire dalla bozza Boccia», aggiunge il parlamentare dem Stefano Graziano mentre da Bruxelles l’europarlamentare del gruppo Greens/Efa Piernicola Pedicini attacca: «Calderoli e il suo governo hanno deciso di spaccare definitivamente in due il Paese».

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