Napoli, Berlusconi rifà l'atlantista ma senza attaccare mai Putin

Napoli, Berlusconi rifà l'atlantista ma senza attaccare mai Putin
di Valentino Di Giacomo
Domenica 22 Maggio 2022, 08:42 - Ultimo agg. 19:06
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«Ricordatevi che chi ci crede combatte, chi ci crede supera ogni ostacolo, chi ci crede (pausa e riparte con voce squillante) vince». Silvio Berlusconi conclude così i suoi settantaquattro minuti filati di intervento, per di più parlando a braccio e - solo occasionalmente - dando un'occhiata al discorso che aveva preparato lavorandoci, come ricorda, per «due giorni e tre notti». Parte il jingle di Forza Italia all'interno della Mostra d'Oltremare dove si è chiusa la due giorni del partito azzurro, ma il motivetto deve interrompersi.

Il Cavaliere aveva dimenticato di salutare pubblicamente la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, accorsa a Napoli anche per smentire le voci che la vorrebbero con le valigie in mano verso Fratelli d'Italia. Si interrompe la musica e parte l'omaggio alla seconda carica dello Stato. È la nuova «discesa in campo» di Berlusconi, portata avanti con l'innata determinazione di sempre, ma pure dovendo camminare sui gusci delle uova di un partito in fibrillazione, di una situazione internazionale (leggasi invasione dell'Ucraina) che vede il centrodestra muoversi in ordine sparso e, da ultimo, gli equilibri da tenere in quel governo di unità nazionale guidato da Mario Draghi.

Prima dei nodi insoluti, Berlusconi la prende sul romanticismo. Scalda il pubblico ricordando il suo amore per Napoli, le sue 100 canzoni scritte in lingua napoletana mentre in sala si intona «Silvio Silvio».

Ricorda l'emergenza rifiuti vissuta in città sotto il suo governo con quel cdm straordinario per intervenire in fretta. E poi, prima di riprendere tra le mani i fogli, si lancia a briglia sciolta nei ricordi, commuovendo e commuovendosi parlando di sua madre, mamma Rosa, di una «casa della felicità», ma anche dei consigli materni quando l'ex premier decise di scendere in campo. «Mia madre - ha ricordato il Cavaliere - mi disse che era pericoloso fare un partito ma anche che se questo era il mio desiderio, dovevo andare avanti e che se non avessi lottato per ciò in cui credevo non sarei stato il figlio che loro avevano cresciuto».

Serve a rievocare la discesa in campo di quasi 30 anni fa, ma anche per annunciare come Berlusconi vede «l'Italia del futuro», il titolo della kermesse partenopea.

 

Vuole tornare al governo. «Da oggi - sprona i suoi - dobbiamo lavorare, con l'impegno di sempre e con rinnovato entusiasmo, per le elezioni del 2023 che il centrodestra può vincere solo se Forza Italia sarà il partito trainante, solo se sarà come sempre in passato il perno della nostra coalizione». E continua: «Io sarò con voi in ogni passaggio, tornerò ad andare in televisione, e a partecipare a incontri come questo nelle principali città italiane. Da oggi siamo tutti mobilitati per vincere».

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Ma è sull'invasione russa in Ucraina che forse Berlusconi era atteso al varco. Quando ancora Berlusconi era a godersi la colazione con la sua Marta in hotel, già sulle agenzie Mariastella Gelmini, l'unica dei ministri a non assistere all'intervento del leader tuona: «L'Italia non può essere il ventre molle dell'Occidente e soprattutto non può diventarlo per responsabilità di Forza Italia. Le parole di Berlusconi di ieri purtroppo non smentiscono le nostre ambiguità. Spero che dal palco di Napoli, emerga una netta presa di posizione a favore di Ucraina, Unione Europea, Nato e Occidente. Oggi più che ascoltare le parole di Putin, occorre ascoltare il grido di dolore dell'Ucraina, violentata e oppressa dall'invasore». Berlusconi o, se si vuole, «il Maradona della politica» - come lo ha ribattezzato ieri Licia Ronzulli - non contrattacca e neppure cita la sua ministra. «Forza Italia è e rimarrà sempre dalla parte dell'Europa, dalla parte dell'Alleanza Atlantica, dalla parte dell'Occidente, dalla parte degli Stati Uniti».

E poi, per non far travisare le sue parole come ritiene sia stato fatto, che «l'Ucraina è il Paese aggredito e noi dobbiamo difenderlo». Atlantismo ed europeismo senza indugi. Ricorda però le parole del Papa: «Non possiamo che condividere quindi gli appelli di quanti - primo fra tutti Papa Francesco - invocano di fare ogni sforzo per giungere alla pace al più presto. Per porre fine all'orrore della guerra, e al tempo stesso per garantire al popolo ucraino il suo legittimo diritto all'indipendenza e alla libertà». Per poi rilanciare sulla difesa comune europea e individuando nella Cina il vero antagonista globale. Quella Cina che serve pure ad agitare l'antico nemico del comunismo. Quindi la stoccata al Pd: «Apprezzo molto lo zelo atlantista di queste settimane del Partito democratico, vorrei solo ricordare che la storia della sinistra italiana non è sempre stata questa». In serata ha così ricevuto una telefonata «affettuosa» di Salvini: «A sinistra parlano di guerra e armi mentre noi lavoriamo per il cessate il fuoco». Prima di Berlusconi erano intervenuti i capigruppo di Camera e Senato con Annamaria Bernini che ha provato, da emiliana, a cimentarsi simpaticamente con la lingua napoletana e parlando della «cazzimma di Berlusconi» sotto lo sguardo divertito di Tajani. Il jingle può ripartire.
 

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