Calenda, il progetto del "grande centro" che raggiunga (almeno) il 15%: da Bonino a Gelmini, gli alleati

Elezioni, il progetto Calenda: un "grande centro" che raggiunga (almeno) il 15%. Da Bonino a Gelmini, tutti gli alleati
Elezioni, il progetto Calenda: un "grande centro" che raggiunga (almeno) il 15%. Da Bonino a Gelmini, tutti gli alleati
di Mario Ajello
Domenica 24 Luglio 2022, 15:29 - Ultimo agg. 26 Luglio, 19:44
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Un’area tutta sua, e di Più Europa e dei riformisti che si vogliono aggregare, che arrivi al 15 per cento. Ma che lo possa anche superare arrivando fino a quota 20. Il Progetto Calenda questo è. Perciò il leader di Azione 
continua a rispondere picche a un'alleanza di centrosinistra: «Non abbiamo alcuna intenzione di entrare in cartelli elettorali che vanno dai Verdi a Di Maio». Così dice e ripete. Anche dopo la nuova offerta di alleanza che Letta ha rivolto a Calenda proprio in queste ore. 

 

Da Bonino a Gelmini-Carfagna: il "grande centro" di Calenda

Per lui come per tutti i tempi sono stretti: le elezioni fissate al 25 settembre impongono il deposito dei simboli entro la metà di agosto e poi per definire le candidature c'è una settimana in più. «Spero proprio che Gelmini e Carfagna siano nel nostro progetto», dice Calenda. La Bonino c’è già, Renzi no, con Sala ci sono interlocuzioni (ma continuerà a fare il  sindaco) e un big da schierare sarà l’ex sindacalista Cisl, Marco Bentivoglio.

Oltre gli ex berlusconiani Osvaldo Napoli - attivissimo e radicatissimo in Piemonte - è Andrea Cangini. Calenda correrà nel collegio Roma 1 lo stesso dove dovrebbe gareggiare Nicola Zingaretti e sarà scontro tra titani. 

Osserva Calenda: «Dalle elezioni mi aspetto un risultato molto simile a quello che abbiamo fatto a Roma dove, parlando in modo serio, abbiamo preso il 20%. Penso che ci sia uno spazio nel Paese che si è stufato, che non ce la fa più a votare gente che non riesce a governare». 
Il problema è che il centro è affollato. «Non è vero che lo è, sono solo chiacchiere, quelle di chi parla di centro», secondo Calenda. 
Per il leader di Azione, «non ci sarà nessuna coalizione di centro. Gli unici che stanno facendo un’operazione distinta dai due poli siamo noi con Più Europa, da sempre. Chi vuole venire a contribuire porte aperte, purché sia una persona per bene e di qualità, ma non ci saranno altre operazioni. Alla fine ci saranno solo tre poli: noi, la sinistra e la destra».

 

Elezioni, il progetto Calenda: un «grande centro» che raggiunga il 15%

Chissà se è così. Visto che anche Toti vuole un suo centro e pure la Moratti e non solo loro. 
All’estero, secondo Calenda, «pensano che siamo un Paese del tutto inaffidabile dove a ogni elezione votiamo un nuovo candidato che va di moda. Prima il M5S, poi Salvini, adesso andrà di moda la Meloni. A prescindere dal giudizio personale, non hanno mai gestito niente. Il risultato di mettere a gestire un governo a persone che nella vita reale non hanno mai gestito nulla è il disastro».

Il leader di Azione aggiunge: «Se noi domani ereditassimo un bar da una zia lontana cercheremmo persone che hanno esperienza di gestione, non qualcuno senza esperienza. Qui noi smettiamo di ragionare in modo razionale e votiamo gente che non ha nessuna esperienza e ci dice che leverà le tasse. Dovremmo cercare di utilizzare lo stesso ragionamento che sentiamo sulle cose nostre, sullo Stato, perché anche quello è nostro». E ancora: «Rivendico il fatto di non aver fatto mai alleanze politiche con populisti di vario genere in questa legislatura». 


Il ragionamento che sta alla base del Progetto Calenda è questo:
«Enrico Letta si è tenuto stretto e abbracciato il M5S, la causa della caduta di Draghi, tanto quanto Forza Italia si è tenuta abbracciata la Lega che per altri versi l’ha minato. Credo che sia uno spettacolo indegno dato dalla classe dirigente politica che si somma a quello già visto durante l’elezione del presidente della Repubblica. Siamo alla fine di un sistema politico, credo». 

Un 20 per cento di italiani vogliosi di serietà: questo il target di Carlo. E guai a parlargli di altri centri - anche il suo spazio lo chiama area riformista e non centrista -. che forse ci saranno e forse no: «Noi ci siamo».

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