Carceri, l'inferno infinito dietro le sbarre e quella riforma che non arriva

Carceri, l'inferno infinito dietro le sbarre e quella riforma che non arriva
di Gigi Di Fiore
Mercoledì 9 Febbraio 2022, 07:12 - Ultimo agg. 16:47
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«Dignità è un Paese dove le carceri non siano sovraffollate e assicurino il reinserimento sociale dei detenuti». Due righe appena, per denunciare uno dei grandi drammi nazionali: nel suo discorso sul giuramento, il presidente Sergio Mattarella non ha dimenticato le difficoltà del nostro sistema carcerario. Le dimissioni, pochi giorni fa, del responsabile del Dap, Dino Petralia, che lascerà in anticipo il primo marzo a pochi mesi dalla pensione, sono per il governo il nuovo problema da affrontare. Sovraffollamento, suicidi di detenuti, tensioni violente, strutture fatiscenti sono questioni aperte in un Paese che, anche sul suo sistema carcerario, si gioca la sua dignità, come ha evidenziato il capo dello Stato.

Otto suicidi di detenuti nei primi 24 giorni dell'anno, uno ogni tre giorni: le condizioni carcerarie creano sofferenze, difficoltà, disagi. Ha commentato il garante nazionale per i detenuti, Mauro Palma: «Occorre un dialogo largo, per affrontare le difficoltà dell'affollamento particolarmente accentuate nella pandemia».

I dati dei suicidi in carcere sono preoccupanti: 54 nel 2021, l'anno precedente erano stati 61. Il sovraffollamento genera tensioni, ma anche difficoltà a gestire gli spazi carcerari sempre più ristretti, complice anche la pandemia. Al primo febbraio, secondo i dati del Dap, i detenuti positivi al Covid erano 3859 con 46 nuovi contagi, in prevalenza asintomatici. Un picco mai raggiunto da inizio pandemia. Per 24 dei detenuti ammalati di Covid è stato necessario il ricovero in ospedale. Un'altra difficoltà di gestione, causa scatenante delle rivolte nel marzo 2020, legate alle restrizioni sui colloqui e le visite per l'esplosione della pandemia.

Nelle carceri italiane sono 53586 i detenuti attuali. Numeri alti, per un organico di polizia penitenziaria di 36939 agenti, che vivono come i detenuti le difficoltà della pandemia.

Sono al momento 1581 gli agenti positivi al Covid. Il sovraffollamento preoccupa, oltre al presidente Mattarella, anche la ministra Marta Cartabia che in Parlamento due settimane fa parlò di «primo e più grave tra tutti i problemi». Con dati aggiornati sui posti regolamentari dichiarati nelle carceri. Secondo i dati del Ministero, a metà gennaio, erano ben 6911 i detenuti in più nelle carceri rispetto alla capienza possibile. «Un problema che rende più difficile il lavoro degli operatori, a partire da quello della polizia penitenziaria troppo spesso vittima di aggressioni», ha denunciato la ministra Cartabia.

Insomma, più detenuti rispetto ai posti regolari nelle carceri, con ripercussioni sulla sicurezza e i problemi ad assicurare i percorsi di recupero richiamati anche dal capo dello Stato. Senza contare le condizioni delle strutture carcerarie, che avrebbero bisogno di lavori di ristrutturazione e adeguamento. E troppi detenuti, insieme con le carceri inadeguate, moltiplicano le difficoltà di gestione e tensioni anche violente. Lo dimostra l'aumento di denunce negli ultimi mesi.

Non solo l'inchiesta di Santa Maria Capua Vetere con i rinvii a giudizio di poche settimane fa, per i pestaggi ai detenuti nel 2020. Indagini sui comportamenti degli agenti penitenziari e su presunte violenze in carcere sono aperte in più parti d'Italia. Da Opera a Palermo, da Torino a Melfi. E poi, Ferrara, Firenze, Viterbo, Lucera, Pavia, Voghera, Ascoli, Modena. Le denunce nascono da segnalazioni di morti «anomale» denunciate come suicidi, casi di overdose, pestaggi. Solo l'associazione Antigone con le sue segnalazioni ha fatto aprire 17 inchieste. Il caso limite, con la prima condanna in primo grado a tre anni per il reato di tortura, si è verificato a Ferrara nel gennaio dello scorso anno, nei confronti di un agente. Era andato a giudizio, per aver agito «con crudeltà e violenza grave».

Casi limite, con i sindacati degli agenti penitenziari che segnalano, descrivendo episodi concreti, le difficili condizioni del loro lavoro, in un continuo clima di tensioni e pericoli. È il dramma carceri, alle prese con problemi che con la loro soluzione, ha detto con chiarezza il capo dello Stato, assicurano «la migliore garanzia di sicurezza». Un invito a interventi rapidi, rivolto alla ministra della Giustizia, Marta Cartabia. Che dovrà cominciare dalla nomina a marzo del nuovo direttore del Dap. Incarico delicato, da coprire in tempi rapidi, evitando le polemiche del passato.
 

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