Forza Italia, strappo più vicino:
​in 30 pronti a seguire Carfagna

Forza Italia, strappo più vicino: in 30 pronti a seguire Carfagna
di Valentino Di Giacomo
Lunedì 11 Novembre 2019, 10:59 - Ultimo agg. 12:34
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«Mara cosa vuole fare?». Scalpitano, fremono e tutti ora aspettano una risposta da Mara Carfagna che sta valutando di formare un proprio gruppo sia alla Camera che al Senato. Sono circa una trentina i parlamentari che attendono di capire cosa deciderà la vicepresidente della Camera, ma intanto in Forza Italia ognuno si organizza come può tra chi cerca di mettere un freno allo strappo con Berlusconi e chi, ormai, si considera già fuori dal partito e pronto a passare con il gruppo di Matteo Renzi. Intanto sulla deputata salernitana sono forti anche le pressioni da parte del Pd, anche se non in via ufficiale. Qualora Carfagna formasse un proprio gruppo gli uomini vicini a Dario Franceschini vedrebbero di buon occhio una nuova formazione alla Camera e al Senato, che con i chiari di luna di questo governo e le guerre intestine nella coalizione giallo-rossa, ipotizzano un possibile apporto numerico se la maggioranza continuasse a vacillare come sta accadendo sulla questione Ilva. Anche se Mara ha già fatto sapere agli emissari dell'ex segretario del Pd che mai e poi mai darebbe vita ad un nuovo gruppo di cosiddetti «responsabili» per passare dall'altra parte del campo.

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LE RESISTENZE
Tutti i cosiddetti «ribelli» Berlusconi già li considera fuori dal partito, eppure c'è chi frena per andar via. Un conto è fare una battaglia all'interno del partito, un'altra questione è dare vita a una nuova formazione parlamentare: la stessa Carfagna, pur pressata, non ha sciolto le riserve. Tentennano anche i fratelli Occhiuto, Mario e Roberto, entrambi in lizza per una candidatura alla presidenza della Regione Calabria, da sempre considerati vicini alla vicepresidente della Camera. Già Mario Occhiuto ha dovuto incassare un rigido niet da Salvini alla candidatura per le inchieste giudiziarie che lo hanno coinvolto, ma ora si fa largo l'ipotesi di inserire suo fratello Roberto alla guida della Regione. La partita si giocherà in pochissimi giorni, le elezioni calabresi sono vicine si vota il 26 gennaio e non c'è voglia di innervosire Salvini con ulteriori strappi. Discorso simile per il deputato campano Paolo Russo, anche lui spesso vicino alle posizioni di Mara, ma pure da sempre affine al gruppo campano guidato da Mimmo De Siano e dagli storici «porta-voti» come Luigi e Armando Cesaro. Il nome di Russo è fra i papabili alla presidenza di Palazzo Santa Lucia, di qui la frenata.

GLI ESULI
C'è poi chi ha già deciso di mollare Forza Italia, consapevole che in un modo o nell'altro il loro destino è comunque lontano dal partito berlusconiano e sono coloro che più pressano Carfagna per certificare lo strappo. Attenderanno Mara per qualche giorno, ma se la deputata salernitana non decidesse, allora questi transiterebbero direttamente con Italia Viva di Renzi. Tra questi, per varie ragioni, si segnalano Davide Bendinelli, Deborah Bergamini, Matteo Perego Alessandro Cattaneo e Renata Polverini. Ma anche Enrico Costa, Massimo Mallegni, Andrea Causin, Franco Dal Mas e Barbara Masini sembrano vicini a questa soluzione qualora Carfagna non sbloccasse l'impasse. Parlamentari che in pratica non attendono che il via libera di Mara per far partire la nuova avventura, ma la vicepresidente della Camera resiste. È convinta di aver ragione nel merito delle sue esternazioni e vorrebbe portare avanti la sua lotta all'interno del partito per far valere le proprie idee senza essere bollata come eretica, ma vede pure che lo spazio si riduce sempre di più nonostante l'asse creato con la compagna di Silvio Berlusconi, Francesca Pascale, che sui giornali ha ammesso più volte di condividere la linea Carfagna.

IL REDDE RATIONEM
Chi vorrebbe comprendere cosa deciderà Mara è anche l'intera coalizione di centrodestra. Non sono arrivati a caso gli endorsment di Giorgia Meloni e di Lucia Borgonzoni della Lega, vicinissima a Matteo Salvini, che hanno avallato una candidatura di Carfagna in Campania. Un modo per mettere la deputata salernitana alla prova dei voti: se perdesse la contesa per Palazzo Santa Lucia certificherebbe la sua sconfitta, se invece la spuntasse i suoi malumori rappresenterebbero un problema in meno nei Palazzi romani. Ma soprattutto chi cerca di decifrare in queste ore le determinazioni di Carfagna è anche il Pd, attraverso l'area guidata da Dario Franceschini, che vedrebbe la formazione di gruppi parlamentari come una boccata d'ossigeno per il governo che vacilla nei numeri. Guardano con attenzione i tormenti di Carfagna, che però non cambierà campo di gioco dal centrodestra al centrosinistra. Almeno non lei. Intanto Berlusconi prepara invece il proprio redde rationem. Ai comunicati già duri dei giorni scorsi, anche ieri l'ex premier ha lanciato un'altra bordata dicendosi «stupito verso chi fa intendere che ci sia bisogno di un nuovo e diverso contenitore per i liberali e i moderati». Berlusconi ha tacciato di «essere in malafede o ignorare la realtà chi parla di un appiattimento ad una generica destra sovranista». Ma in serata la clamorosa smentita da parte dell'ex premier: «Mai detto queste frasi, dichiarazioni destituite di ogni fondamento». Dunque, confusione che si aggiunge al caos mentre tutti i parlamentari definiti «eretici» sarebbero fuori così come non ne uscirebbe bene anche Gianfranco Micciché in Sicilia, stoppato sul nascere nel formare un partito del Sud da Renato Schifani e Stefania Prestigiacomo. Insomma, Mara vorrebbe andare, il Cav vorrebbe cacciarla, ma per ora nessuno dei due fa la prima mossa.
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