Case chiuse, la lettera di 66 esponenti M5S contro il sì della Lega

Case chiuse, la lettera di 66 esponenti M5S contro il sì della Lega
di Francesco Lo Dico
Martedì 5 Marzo 2019, 00:11 - Ultimo agg. 14:41
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Non ci sono solo la Tav e l’autonomia del Nord. Anche se a scoppio ritardato, lungo il sentiero stretto del tandem gialloverde è pronta a esplodere – al netto dell’atteso verdetto della Consulta - anche la mina delle case chiuse. Pochi giorni fa il Movimento sembrava aver aperto alla proposta di Matteo Salvini, ma in una lettera di fuoco inviata al Messaggero, più di sessanta esponenti a Cinque Stelle chiudono ora la porta in faccia al leader leghista. «La prostituzione - tuonano i firmatari nella missiva - non può essere utilizzata come uno slogan politico, è tema drammatico che necessita di rispetto, cautela e approfondimento». Una levata di scudi, insomma. Che coinvolge anche autentici big del Movimento. Tra i tanti, spiccano i nomi del vicepresidente grillino del Parlamento europeo Fabio Massimo Castaldo, e di due eurodeputati di peso come Tiziana Beghin e Piernicola Pedicini.

«Riaprire le case chiuse». Il nuovo fronte della Lega per cancellare la Merlin

LE DONNE
Ma a giudicare dai parlamentari coinvolti nella fronda anti-Merlin - che chiama a raccolta anche una fitta schiera di consiglieri regionali, comunali e municipali - quella del Movimento non è tanto una tipica insurrezione in salsa ortodossa, quanto una ribellione in rosa che unisce le portavoce stellate in un fronte unico che va al di là delle classiche divisioni interne. A prendere posizione contro le case chiuse, ci sono infatti la vicepresidente del gruppo M5s al Senato Alessandra Maiorino e la collega Bianca Laura Granato. E ancora Luisa Angrisani, Virginia La Mura e Michela Montevecchi. Ma tra i big di palazzo Madama non mancano neppure il già candidato ministro alla Salute oggi presidente della commissione Igiene, Pierpaolo Sileri, e l’ex consigliere regionale del Lazio, Gianluca Perilli. Folta la pattuglia di stellate ribelli anche alla Camera: a intimare lo stop a Salvini donne forti dell’ala ortodossa come Doriana Sarli e Dalila Nesci, ma anche deputate vicine a Di Maio come Lucia Azzolina e Vittoria Baldino. Perché dicono di no alle case chiuse? È presto detto. I firmatari sono contrari al «business della prostituzione legale in Paesi come Olanda e Germania», paesi «che ormai quindici o vent’anni fa scelsero la strada della legalizzazione della prostituzione e quindi della riapertura delle “case chiuse”» e che «stanno ora rapidamente tornando sui loro passi». I parlamentari stellati vanno dritti al punto: Berlino è «oggi drammaticamente al primo posto in Europa come meta di traffico di esseri umani a fine di sfruttamento sessuale». Quindi lo strale contro il Carroccio: il problema «non può essere risolto con una semplicistica legalizzazione che renderebbe di fatto quegli stessi sfruttatori, signori incontrastati» del business più vecchio del mondo. Ma c’è un problema. Salvini ha espresso da tempo sulle case chiuse certezze granitiche: bisogna riaprirle. Anzi, spalancarle. Il Movimento sembra invece piombato in un’altra crisi di identità: prima sì, poi forse, anzi no.

SÌ, NO O ROUSSEAU
A metà gennaio Luigi Di Maio si era schierato contro. «Le case chiuse - aveva assicurato - non sono nel nostro programma. Siamo impegnati soprattutto contro la tratta delle prostitute». Viceversa, il sì alla riapertura delle case chiuse era stato benedetto dal popolo dei 5 Stelle sulla piattaforma Rousseau.

Un passaggio storico: fu addirittura la prima proposta di legge approvata dagli iscritti, poi tradotta in un ddl depositato nella scorsa legislatura, a firma della vice presidente della Camera, Maria Elena Spadoni. Di recente, le posizioni erano poi tornate ad oscillare verso il sì. «Aprire la discussione non farebbe assolutamente male», aveva messo a verbale il sottosegretario M5S all’Interno Carlo Sibilia. Sulla stessa lunghezza d’onda anche il sottosegretario stellato alla Giustizia, Vittorio Ferraresi: «Noi non abbiamo preclusioni». A favore delle case chiuse, anzi no. Chi decide? Il capo politico, gli iscritti, o i parlamentari? Magari finirà che la cosa si dovrà ridiscutere su Rousseau.

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