Un pacchetto di decreti di emergenza già pronto, per continuare a contrastare il caro-energia. E Roberto Cingolani con il ruolo di “traghettatore” temporaneo e informale per un almeno un paio di mesi. È questa l’eredità del governo Draghi che dovrebbe aiutare Giorgia Meloni a evitare black-out nella difficile campagna d’inverno, nella quale andranno sostenute al massimo famiglie e imprese. La premier in pectore ha già in mano almeno tre dossier di misure pronte per essere studiate e immediatamente varate. Li ha ricevuti personalmente dall’attuale ministro della Transizione ecologica.
Si tratta del decreto “Gas release” che prevede l’aumento della produzione nazionale di 6 miliardi di metri cubi aggiunti (rispetto ai 3,3 del 2021 e l’aumento di 2 già annunciato a marzo ma non ancora operativo) da vendere alle imprese energivore e a quelle più in difficoltà, a prezzi calmierati.
Infine, c’è un quarto decreto, non così urgente come i primi tre, ma comunque cruciale per mettere al sicuro gli stoccaggi dell’inverno 2023-2024 (il numero uno dell’Eni Claudio Descalzi ha detto che sarà più duro di questo): è quello che amplia la capacità di stoccaggio del nostro Paese (oggi arrivati al 94% per circa 18 miliardi di metri cubi) utilizzando i numerosi pozzi esausti che si trovano nell’Adriatico. Potrebbero essere messi in riserva almeno 7 miliardi di metri cubi in più di gas. Cingolani ne ha già parlato a fondo con l’amministratore delegato del Cane a sei zampe. Si potrebbe arrivare anche a quota 12-13 miliardi di capacità in più senza scomodare temi di sicurezza. E questo permetterebbe all’Italia di diventare il primo Paese per capacità di stoccaggio in Europa, anche davanti alla Germania. Un’operazione, questa, a portata di mano. Bastano uno o due mesi e qualche centinaio di milioni di risorse pubbliche per rimettere a punto i sistemi di iniezione.
Su quest’ultimo dossier Meloni avrà quindi un po’ più di tempo per fare una riflessione. Al contrario non c’è molto tempo per dare una risposta più strutturale alle imprese, da aggiungere agli aiuti già varati finora, tra credito di imposta e taglio dell’Iva (per ora arrivano a novembre, saranno estesi anche al mese di dicembre insieme al bonus destinato alle famiglie). Per le altre tre misure si tratta solo di applicare il bollino politico del nuovo esecutivo. E Meloni, che anche prima delle elezioni ha mostrato di condividere la rotta del ministro («è sempre lucido», aveva detto), non ha intenzione di perdere tempo se si tratta mettere al sicuro la stagione invernale.
Se il ministero della Transizione ecologica, già ministero dell’Ambiente, sarà di nuovo spacchettato e riassemblato non è ancora deciso. È però certo che il passaggio dei dossier energetici sarà graduale e accompagnato. Il ministro Roberto Cingolani è deciso da tempo a lasciare il campo alla politica, ma l’emergenza energetica non ammette interruzioni. Il momento è cruciale per la trattativa europea sul tetto al prezzo del gas sul quale si è aperto uno spiraglio e se non si dà un supporto immediato alle imprese si rischia una recessione ben più profonda di quanto previsto da alcuni. Ecco perché la premier in pectore ha accolto con favore l’idea che il ministro accompagni ancora per un po’ i dossier caldi in Europa. Dunque, Cingolani sarà al fianco del futuro ministro ai tavoli Ue assicurando la necessaria continuità: nessun incarico ufficiale, solo un ruolo di traghettatore a tempo. È questo il patto stretto tra Meloni e Draghi.