Commissione banche, il presidente Paragone già in bilico: «Non devo fare lo scalpo a nessuno»

Commissione banche, il presidente Paragone già in bilico: «Non devo fare lo scalpo a nessuno»
di Antonio Menna
Sabato 30 Marzo 2019, 07:30 - Ultimo agg. 31 Marzo, 09:19
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«Parte? Certo che parte. Poi vediamo dove arriva». È lapidario Gianluigi Paragone, senatore Cinquestelle, presidente prima in pectore, poi a rischio, della Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario. L'ex direttore della Padania arriva a San Giorgio a Cremano per chiudere una kermesse locale del Movimento. Nei locali di Villa Bruno lo attendono trecento persone che da ore ascoltano parlamentari e consiglieri regionali elencare i loro trionfi nelle istituzioni, sotto gli occhi perplessi di Massimo Troisi, che campeggia in una serie di poster. Paragone deve intervenire alle 20, arriva venti minuti prima. Scarpe da ginnastica, passo veloce. Cammina concitato, stringe mani, cerca un bagno, si concede qualche selfie. Ma alle domande sulla lettera critica con cui il presidente Mattarella ha accompagnato la promulgazione della legge che istituisce la commissione si sottrae.
 
«Nulla da dire», bisbiglia. Di fronte all'insistenza, si rabbuia: «Ho fatto un video», dice, «lì dentro c'è tutto. Se la commissione parte? Certo che parte, perché non dovrebbe?». Il video compare quasi in contemporanea sulla sua pagina Facebook. È girato proprio nei locali di Villa Bruno ma in un'altra sala: c'è il murales di Troisi nei panni del Postino, che bacia la Cucinotta. E proprio indicando il postino, Paragone parla della lettera di Mattarella. «La commissione - dice - non deve fare lo scalpo a nessuno. Deve mettere a fuoco quelle che sono state le crisi bancarie, da cui sono scaturite anche conseguenze giudiziarie. Io parlo chiaro, parlo ai risparmiatori. Nessuno spirito di vendetta ma spirito di verità. Si chiama commissione di inchiesta perché deve indagare e deve farlo verificando tutte le anomalie di un sistema. Ce ne sono state diverse, altrimenti non dovremmo fare i conti con quello che la realtà ci ha portato sotto gli occhi. Lo dico sotto il murales di Troisi che fa il postino, così ho un appiglio di cronaca». Viene chiamato sul palco dal senatore Puglia, saluta tutti alzando il braccio. Scende subito di nuovo in platea, si lascia accarezzare dal pubblico. È uno show. Non è un comizio, lui lo chiama racconto. «Vi promettono prestiti alla velocità della luce dice vi fanno vedere le famiglie felici a cui danno i soldi. Vi prospettano la possibilità di comprare tutto. Ma hanno un solo obiettivo: farvi indebitare per rendervi meno liberi. Il meccanismo è questo: più debiti hai, meno libero sei». Mostra qualche diapositiva e continua il suo racconto, andando avanti e indietro nel corridoio, e avanti e indietro nel tempo. Nostalgia per il passato, i nonni che non facevano mai il passo più lungo della gamba. E per le banche di una volta.

«Erano agenti del territorio - dice -, prendevano pochi rischi ma sostenevano l'impresa e il lavoro. Oggi fanno solo finanza». Ed è questo il cruccio di Paragone, anche qui a San Giorgio, in questo salone freddo con una platea che non si scalda. La finanza. «Io non ce l'ho con le banche si affretta a chiarire ma con la finanza. Anzi, non ce l'ho neppure con la finanza. Capisco quel gioco ma deve avvenire dentro certi limiti. Vogliono costruire un popolo di gente che vive a rate. E sapete perché? Perché così non potete fiatare. Le rate vi tengono sotto ricatto. Vogliono farvi credere che ogni desiderio può essere appagato. Basta fare una rata. Ma dopo che vi siete indebitati non siete più liberi». Un timido applauso arriva quando definisce il Movimento 5 stelle, «sociale e socialista, perché si occupa di diritti». Ma poi torna ad attaccare: «i grandi gruppi della comunicazione chiederanno licenze bancarie per utilizzare dati e fiducia». Ma dopo il bastone arriva sempre la carota: «non c'è l'ho con il prestito, sia chiaro, non ce l'ho con nessuno. Voglio solo proteggere i diritti delle persone, dei lavoratori. Si parla di sofferenza delle banche, mai della sofferenza della gente». Secondo applauso. Il terzo arriverà sul richiamo alla protezione dei nostri figli dalla cultura della rata e del tutto e subito. Poi basta. Silenzio sul resto. Nessun cenno alla commissione, E alla domanda finale e concitata se sarà lui o no il presidente, il buio scende di nuovo sul volto e le spalle si voltano verso Roma.
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