Anci, Decaro: «Comuni, 1400 sul baratro per aver applicato la legge»

Anci, Decaro: «Comuni, 1400 sul baratro per aver applicato la legge»
di Marco Esposito
Giovedì 13 Maggio 2021, 09:04 - Ultimo agg. 18:39
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In piena crisi da pandemia ottocento Comuni rischiano il fallimento. Come finirà?
«Non lo so - risponde secco Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente dell'Anci - ma i Comuni che devono riscrivere i bilanci sono molti di più, sono 1.400».


Perché si è arrivati a questo punto?
«Sembra assurdo dirlo: per seguire l'interesse dei cittadini a ricevere servizi dignitosi e per il rispetto assoluto delle opportunità stabilite dalla legge. E ora siamo sul baratro».


Così appare una difesa della categoria...
«Dieci o venti sindaci possono sbagliare, non 1.400! A raccontarla tutta, si stenta a credere a quanto successo».


Proviamoci.
«Lo Stato nel 2013 e poi nel 2015 ha concesso a Comuni delle risorse chiamate Fondo anticipazione liquidità, in sigla Fal, tramite la Cassa depositi e prestiti, per pagare debiti commerciali pregressi con fornitori. E quelle somme, come prevedeva la legge, sono state utilizzate in parte per ammortizzare il Fondo crediti dubbia esigibilità, l'Fcde».


Nuovo debito per saldare vecchi debiti, quindi.
«Era una sorta di mutuo per liquidità la cui natura di debito era esplicitamente esclusa dalla legge.

Però, concordo, era un fondo da restituire in trent'anni con gli interessi. Nel 2015 c'è stata la riforma contabile e noi sindaci rispettando la legge abbiamo utilizzato una parte del Fal per ridurre l'Fcde e liberare risorse per garantire servizi essenziali».


Non tutti i Comuni lo hanno fatto, però.
«L'Italia non è tutta uguale. Ci sono aree interne, ci sono territori deboli del Mezzogiorno dove le entrate sono minori, la riscossione è più difficile e per assicurare dei servizi minimi si è fatto ricorso al Fal per compensare un po' di Fcde. Poi, quando la Corte costituzionale all'inizio del 2020 ha bocciato la legge che consentiva tale possibilità, abbiamo rifatto i bilanci in base a una norma, scritta proprio per sanare la situazione, che prevedeva di suddividere l'importo del Fal in trent'anni».


Andando a pesare sulle next generation, si direbbe adesso...
«Non è stata mica una scelta estemporanea! Quando si è accertato il disavanzo tecnico si è dato tempo fino al 2044 per ripianarlo. E il principio della restituzione su trent'anni delle somme erogate finora non è mai stato messo in discussione. Per le Regioni è in vigore dal 2015 senza che ci sia mai stata contestazione. Finché con la sentenza 80 di quest'anno la Corte costituzionale cancella la legge che prevedeva i trent'anni. E adesso ci tocca riscrivere i bilanci entro il 31 maggio. Se fossimo aziende, dovremmo dichiarare il fallimento. Ma il sindaco fa il sindaco, non l'amministratore delegato. Cosa dice ai cittadini? Che spegne l'illuminazione? Interrompe la raccolta dei rifiuti? Sospende i trasporti pubblici?»


Quali soluzioni sono in vista?
«Più o meno quelle indicate dal Mattino: lo Stato potrebbe caricarsi le passività finanziarie derivanti dalle anticipazioni, o anche finanziare gli enti per i tre anni necessari, fermo restando l'obbligo per i Comuni di restituire le somme in trent'anni. Oppure il sistema usato per il riaccertamento dei residui».


Si può fare leva sul patrimonio immobiliare?
«Per chi ce l'ha sì. Ma con l'acquisto centralizzato da parte della Cassa depositi e prestiti perché adesso con la crisi non è possibile vendere immobili. In ogni caso è probabile che nel frattempo sia inevitabile la soluzione che chiamate all'italiana, e che però è di buon senso: una norma ponte che permetta di approvare i bilanci, intanto che si scrive la legge».


Quanto pesa su un bilancio l'Fcde?
«Tantissimo».


Però il problema ha origine per la scarsa capacità di riscossione dei Comuni, non crede?
«I principi contabili sono cambiati più volte proprio per spingere all'equilibrio dei bilanci. Il riaccertamento dei residui nasce per chiudere i problemi del passato, con una dilazione del disavanzo tecnico fino al 2044, ed evitare che nascano in futuro. Per farlo come sindaci ci siamo battuti per cambiare le regole sulla riscossione e consentire azioni celeri sulle somme non pagate. Dopo anni, c'eravamo riusciti».


E poi?
«E poi sappiamo tutti cos'è successo: la nuova macchina delle riscossioni doveva partire nel 2020, ma è stato l'anno peggiore possibile. A Bari ci eravamo mossi per tempo e infatti le cartelle sono iniziate ad arrivare ma chi deve pagare nel frattempo sta fermo, chiuso. E si arrabbia. Provo a spiegare che le cartelle si riferiscono agli anni precedenti ma intanto chi non ha soldi non paga. Se ne riparlerà l'anno prossimo».


Come sta andando il confronto con la viceministra Laura Castelli?
«Ci siamo incontrati. So che sta lavorando a una soluzione e non credo che ci sia un problema di volontà politica, anzi. Il nodo è tecnico perché i Comuni non chiedono di non pagare il dovuto, ma non possono trovarsi di nuovo di fronte a soluzioni che non siano solide dal punto di vista costituzionale».


Ultima domanda, da presidente dei sindaci. In una situazione simile cosa si sente di dire a chi si candida a fare da ottobre il sindaco di Napoli?
«Chi accetta una sfida simile è votato al sacrificio. Però l'arricchimento umano che porta l'attività di sindaco non ha paragoni e farlo a Napoli deve essere speciale, un'esperienza bellissima. Il mio suggerimento è aprirsi a tutti e vivere in strada».


E i conti?
«Si troverà un modo».

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