Concorsi statali, Zangrillo: «Assunzioni in 180 giorni, via alla riforma: taglieremo i tempi morti delle procedure»

Il ministro della Pubblica amministrazione: «Con i sindacati sarò franco: margini di bilancio stretti per i rinnovi dei contratti»

Concorsi statali, Zangrillo: «Assunzioni in 180 giorni, via alla riforma: taglieremo i tempi morti delle procedure»
Concorsi statali, Zangrillo: «Assunzioni in 180 giorni, via alla riforma: taglieremo i tempi morti delle procedure»
di Andrea Bassi
Mercoledì 22 Febbraio 2023, 23:56 - Ultimo agg. 24 Febbraio, 09:30
5 Minuti di Lettura

Ministro della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo, quest’anno lo Stato dovrà assumere oltre 150mila persone per sostituire coloro che andranno in pensione. Eppure nei concorsi molti posti restano vacanti soprattutto nei profili più elevati. Non temete di non riuscire a coprire tutte le posizioni?
«È una sfida complessa. Ma devo dire che nel 2022 abbiamo rispettato gli impegni che ci eravamo presi. Sono entrate 157mila persone nella Pubblica amministrazione. L’obiettivo di quest’anno è molto ambizioso, e i dati che abbiamo raccolto su come sono state gestite le procedure concorsuali negli ultimi due anni ci danno fiducia». 

Che dicono i dati?
«Siamo passati da un tempo medio della durata delle procedure di concorso nel 2019, quindi prima della pandemia, di 780 giorni a 169 giorni nel 2022. Un risultato che ci pone tra i migliori in Europa. Naturalmente questo dato tiene conto del fatto che durante la pandemia abbiamo rivisto le procedure eliminando alcuni passaggi che erano incompatibili con il momento che stavamo vivendo». 

Lei si riferisce alla prova orale che è stata cancellata. Ma adesso che dovrà nuovamente essere sostenuta dai candidati, i tempi si allungheranno di nuovo?
«Ho creato un gruppo di lavoro di esperti che sta lavorando a una riforma dei concorsi che ci permetta di tagliare tutti i tempi morti delle varie fasi delle procedure in modo da assicurare che i tempi restino rapidi». 

Con quale obiettivo?
«Che si arrivi dal bando all’assunzione in sei mesi, 180 giorni in tutto. È un obiettivo ambizioso, ma per rendere la Pubblica amministrazione attrattiva dobbiamo essere capaci di raccogliere queste sfide». 

Il Consiglio di Stato però, ha espresso alcuni rilievi sulle prove digitalizzate dei concorsi che pure hanno dato una spinta alle procedure. Le cambierete?
«Il Consiglio di Stato ha rilevato per esempio che i sistemi possano incepparsi durante le prove e che questo possa aumentare i ricorsi. Terremo conto dei rilievi, abbiamo avviato una fattiva collaborazione istituzionale con il Consiglio di Stato per trovare le migliori soluzioni.

Ma il tema della digitalizzazione delle procedure concorsuali resta comunque un punto centrale dell’attrattività della Pubblica amministrazione».

Il lavoro pubblico è oggi meno attrattivo di quello privato?
«Credo che il tema dell’attrattività riguardi oggi sia il pubblico che il privato. Certo da noi, come dire, l’erba da tagliare è alta soprattutto guardando a come viene gestito il capitale umano una volta inserito nelle amministrazioni». 

C’è anche un problema retributivo del pubblico rispetto al privato?
«Su questo vorrei essere chiaro. Affermare che la Pubblica amministrazione in termini generali non è competitiva sul fronte retributivo, è un’affermazione generica e superficiale». 

Non è vero che il privato paga meglio dello Stato?
«È chiaro che se mi confronto con le grandi aziende private, può essere che effettivamente ci sia un gap tra offerta retributiva della Pa e quella della grande multinazionale. Ma se mi riferisco al panorama italiano delle aziende, sostanzialmente fatto di piccole e medie imprese, la Pubblica amministrazione è in grado di essere competitiva sia dal punto di vista degli stipendi che delle prospettive di carriera. Poi c’è il grande tema del merito». 

Molti ministri si sono cimentati sul merito. Finora con scarsi risultati?
«Va cambiato l’approccio culturale. Vanno sensibilizzati e formati i dirigenti. Fare il dirigente non significa solo essere un bravissimo tecnico esperto di diritto amministrativo, bisogna saper gestire uomini e risorse finanziarie. Questo significa essere capaci di fare squadra e valorizzare i talenti». 

Ma poi i premi vengono distribuiti a pioggia. Legarli al merito è una chimera?
«Un primo passo è stato fatto con il rinnovo dei contratti del 2019-2021, dove si è introdotto il tema della premialità legato alle performance. Dobbiamo renderlo più chiaro e percorribile».

In che modo?
«Creando un rapporto stretto tra capo e collaboratore che si devono confrontare non solo su temi tecnici, ma anche sulle modalità di lavoro. La logica dei premi a pioggia va interrotta. Le organizzazioni virtuose sono quelle che riescono ad esprimere modalità gestionali che valorizzano le persone. Se sei bravo e fai bene il tuo mestiere devi avere dei percorsi di crescita e di ruolo».

La settimana prossima, il 3 marzo, vedrà per la prima volta i sindacati. Cosa gli dirà?
«Ho atteso qualche mese prima di convocarli perché volevo avere un confronto reale. Spiegherò la mia idea del pubblico impiego e come intendo realizzarla». 

La richiesta che riceverà sarà sicuramente quella di fondi per il rinnovo del contratto scaduto nel 2021 e con l’inflazione che corre. Che risponderà?
«Non mi nasconderò. Sono arrivato a ottobre e a novembre ho chiuso tre contratti ancora aperti, sanità, enti locali e scuola. Con il Tesoro siamo riusciti poi a trovare 1,3 miliardi per un aumento una tantum per il 2023. Con la prossima legge di Bilancio verificheremo gli spazi che ci sono. Che però, va detto con franchezza, al momento appaiono stretti. Tutti auspichiamo che si trovi una soluzione al conflitto in Ucrina. Se questo dovesse avvenire, ci sarebbe un boost per l’economia e sarebbe più facile trovare le risorse finanziarie anche per i rinnovi del pubblico impiego»

© RIPRODUZIONE RISERVATA