Esplorazione bis, il Pd pronto a rientrare in gioco

Esplorazione bis, il Pd pronto a rientrare in gioco
di Barbara Acquaviti
Domenica 22 Aprile 2018, 11:17
3 Minuti di Lettura
Il Pd deve «aspettare le indicazioni del presidente Mattarella». La frase che pronuncia il reggente Maurizio Martina è un po' come il nero, sta bene con tutto. D'altra parte, mentre si attende di capire con quale scenario avrà a che fare il Capo dello Stato a partire da domani, quando finirà la nuova «pausa di riflessione», è meglio non scontentare nessuna delle anime dem. Né quella dialogante di Dario Franceschini, né quella ancora formalmente arroccata sull'opposizione di Matteo Renzi. E se si punta a diventare segretari eletti all'unanimità dall'Assemblea ben si capisce perché Martina opti per la strategia di Quinto Fabio Massimo, il cunctator, il temporeggiatore.

In fondo, la palla è indiscutibilmente dall'altra parte del campo, quella dei due quasi vincitori del 4 marzo: Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Che, peraltro, continuano a lanciarsi messaggi amorosi. Arrivano anche al Nazareno le voci dell'imminente annuncio di un accordo: stare alla finestra a questo punto è scelta quasi obbligata. «Valuteremo il percorso da fare anche al nostro interno alla luce delle indicazioni e delle novità che eventualmente emergeranno», spiega Martina dal Salone del Mobile di Milano, che ha visitato nelle stesse ore di Di Maio senza però mai incontrarlo.
 
Un vero abboccamento da parte dei 5stelle nei confronti dei dem non c'è stato, per ora ci si limita a sventolare lo studio sui punti programmatici in comune. Lo scenario per il Pd però potrebbe cambiare se domani, a meno di novità sul fronte Lega-M5s, il presidente Mattarella dovesse affidare davvero un mandato esplorativo al presidente della Camera, Roberto Fico. Certo, molto dipenderà dal perimetro che il capo dello Stato fisserà: consultazione a 360 gradi o mirata a un'intesa dem-grillina?

In un modo o nell'altro al Pd toccherebbe rientrare in gioco. Ed ecco che già le correnti si rimettono in movimento. In realtà, tutti sono convinti che, a prescindere dal campo dell'esplorazione, non si tratterà di un round risolutivo. Per ora, si procede in ordine sparso. Ufficialmente la posizione è ferma alla Direzione post voto, ed è quella del «tocca a loro». Andrea Orlando, capo di una delle minoranze, ieri da Firenze si è detto convinto che «il M5s stia lavorando alacremente per costruire un asse con la destra» ma pensa che sia comunque «drammaticamente urgente» aprire un confronto interno e avere una nuova leadership entro l'estate. Per questo chiede che si convochi una Direzione e si fissi una data per l'Assemblea. Martina anche su questo punto prende tempo e «snobba» l'ipotesi di primarie. «Non ce la caviamo con una domenica ai gazebo». L'area di Michele Emiliano è da sempre favorevole a un'intesa con il M5s, come ribadisce Francesco Boccia: «La posizione della prima Direzione ha esaurito ogni ragione».

Ma se davvero il Pd dovesse tornare in gioco, è sulla mossa di Matteo Renzi che tutti si interrogano. Dal quartiere generale smentiscono le voci di contatti segreti con la Casaleggio associati e ribadiscono la linea dell'opposizione dura e pura. Ma in molti sono convinti che se Mattarella dovesse chiamare, magari per un «governo del presidente», l'ex segretario non accetterebbe di rimanere ancora defilato. E che in fondo non sarebbe poi così dispiaciuto se, nelle acque di quell'Arno che qualche giorno fa ha immortalato su Istagram, passassero le spoglie dell'accordo Di Maio-Salvini.
© RIPRODUZIONE RISERVATA